Da quando la musica registrata si è elevata a forma d'arte, ogni decennio ha prodotto un album musicale che lo ha rappresentato al meglio. OK Computer dei Radiohead è il disco più rappresentativo della fine del secolo breve e l'inizio del secolo lesto.

L’11 maggio 1997 il computer della IBM, Deep Blue, ha battuto a scacchi quello che è ancora considerato come il miglior giocatore di tutti i tempi: Garry Kasparov. La portata dell’evento ha travalicato le questioni prettamente scacchistiche, presentando all’attenzione pubblica un aspetto della realtà inedito: un computer può essere più intelligente di un essere umano. Maurice Ashley, primo scacchista di colore ad ottenere il titolo di Grande Maestro, aveva fiutato la portata storica dell’evento: «Viene messa in discussione l’intelligenza dell’umanità», ha detto. Se quel risultato ha portato alla IBM milioni di dollari, azioni alle stelle e grande pubblicità, al resto della popolazione mondiale ha provocato sentimenti di fascino misti a paranoia. Il mondo per l’ennesima volta si è trovato ad affrontare quell’ansia tecnologica che precede sempre un grande cambiamento. Siamo in un periodo storico in cui la Rete stava iniziando ad entrare in ogni casa e l’anno 2000 si avvicinava inesorabile.

 

Radiohead Ok Computer 1

La Rete stava iniziando ad entrare in ogni casa e l’anno 2000 si avvicinava inesorabile

 

Proprio dieci giorni dopo la sconfitta di Kasparov è uscito OK Computer. In Inghilterra si è da poco insediato il primo governo laburista di Tony Blair e il britpop ha perso la sua spinta propulsiva. La sanguinosa guerra per il trono del pop britannico tra Oasis e Blur, a mio avviso vinta dai Pulp, si è conclusa con un disco della band di Damon Albarn (adesso leader dei Gorillaz), l’omonimo Blur, decisamente più vicino al sound dell’indie rock americano, quello dei Pavement e Weezer. Basti pensare che l’ultimo singolo dei Blur è Song 2, un energico brano a stelle e strisce che la EA Sports penserà bene di utilizzare come sigla di Fifa ’98. Il nuovo edonismo sfrontato degli Oasis e la spensieratezza borghese dei Blur sono stati gli ultimi vagiti di una musica che era uscita di nuovo a giocare in cortile dopo la furia tossica del grunge. La musica è cambiata di nuovo e i Radiohead ne sono i profeti.

 

Radiohead Ok Computer 2

La musica è cambiata di nuovo e i Radiohead ne sono i profeti

 

Uno dei segreti del successo di OK Computer è stato proprio il suono, che ha preso definitivamente le distanze da quello dei loro colleghi brit. L’abuso di elettronica degli anni Ottanta era stato spazzato via dalla furia distorta del grunge, e tutte le band di successo americane e inglesi successive avevano riportato la chitarra al centro dell’arrangiamento, quasi a voler tornare all’essenziale, ai primordi del blues. I Radiohead invece, studiosi attenti di krautrock, hanno rimesso mano sui sintetizzatori sfruttando al massimo le potenzialità tecniche dello studio di registrazione, manipolando il suono come avevano fatto i Beatles al loro apice creativo. L’impatto di OK Computer è stato immediato: non poteva non incuriosire un singolo di sei minuti e mezzo strutturato come una suite progressive. Paranoid Android, ispirata dal bizzarro Marvin, personaggio robot di Guida Galattica per gli Autostoppisti di Douglas Adams, ha squarciato il velo e ha lasciato passare la fredda e fastidiosa luce della modernità, risvegliando la società occidentale , sussurrandole che il futuro è arrivato e non è così strabiliante come era stato immaginato.

 

 

Come si sa, non bastano le qualità musicali a rendere un album immortale; quelle di OK Computer sono comunque indiscutibili, come certifica l’ottimo 7/10 in pagella sul leggendario blog di Piero Scaruffi, critico solitamente molto tirato nel giudizio. Nelle parole di Scaruffi si percepisce il tentativo da parte sua di scardinare i meccanismi del disco, di scannerizzarne la superficie per scovare la più piccola crepa. Trovo comunque che ci sia qualcosa di poeticamente provocatorio nella sua analisi, nel suo ridurre Karma Police, inno di fine secolo, ad una “cadenza rubata”. Nonostante questi appunti critici sul critico, affiderei lo stesso a Scaruffi l’analisi strettamente musicale del disco, sulla quale non ho intenzione di soffermarmi. Ecco nel dettaglio cosa ne scrive:

 

OK Computer (Capitol, 1997) fu un album ancor piu` vanesio dei due precedenti, nel segno di un pop futurista che non sa decidersi fra U2 (Climbing Up The Walls) e Devo (Fitter Happier), e che forse deve qualcosa al Jean-Michel Jarre di Les Granges Brulees (1973). L’iniziale Airbag è tutto un programma di vacuità (salmodia dilatata del cantante,   raga in sottofondo della chitarra, cadenza solenne e sincopata), puntualmente mantenuto dalle varie Subterranean Homesick Alien e Lucky che affondano il disco nel segno di un melodismo languido e di un arrangiamento lussureggiante, né più né meno lo stile dei tardi Pink Floyd, con un pizzico del patetismo di David Bowie (il cupo requiem di Exit Music, in lento crescendo con coro di morti, o l’inno sofferto di Karma Police su una cadenza rubata a Harvest di Neil Young, il carillon folk di No Surprises). La ballata indolente di Let Down sfodera il momento meno autoindulgente, plagiando in maniera originale il folk rock di Byrds e REM. La mini-suite in tre movimenti di Paranoid Android concede i momenti di maggiore interesse, sulle tracce del progressive-rock barocco dei primi Genesis”.

 

I Radiohead sono stati i primi ad affrontare musicalmente l’alienazione di fine secolo, il fallimento del capitalismo e i mostri che ha lasciato lungo il suo passaggio. La “Gucci little piggy” di cui si parla in Paranoid Android è uno di questi mostri, una donna isterica che impazzisce per essersi sporcata il vestito firmato con del vino. Sembra sia stata questa la scena realmente accaduta che ha ispirato Thom Yorke a scrivere quella che secondo Q Magazine è al decimo posto tra le 100 canzoni migliori di tutti i tempi.

 

Radiohead Ok Computer 3

Paranoid Android è stata inserita da Q Magazine al decimo posto tra le 100 canzoni migliori di tutti i tempi

 

Quella di OK Computer è una società che per la prima volta si è accorta di essere arrivata agli anni 2000, quelli che immaginava come gli anni delle macchine volanti e della fine del mondo. L’uomo occidentale invece ha comprato il suo primo computer e lo ha portato a casa; ci trascorre delle ore, estasiato e turbato dalle sue potenzialità. Dopo vent’anni trascorriamo ancora molto tempo davanti ad uno schermo, ma non si tratta più di stupore: abbiamo semplicemente trasferito tutta la nostra vita lì dentro. Ci stiamo integrando con la macchina, stiamo diventando come il protagonista di Karma Police, stiamo ronzando come un frigorifero e stiamo iniziando a parlare “in maths”.

 

Quella raccontata dalla band di Oxford è una società che ha scoperto l’alienazione, l’isolamento e la fine del concetto di comunità; una società che si è ritrovata improvvisamente sola in una stanza costretta ad affrontare la complessità del mondo globalizzato e tecnologico. Non è distopia quella dei Radiohead, non hanno descritto un futuro orwelliano, ma un presente cupo e minaccioso, non privo però di sana e lirica malinconia, che trova spazio in ballate come No Surprises e Lucky.

 

Radiohead Ok Computer 4

Quella raccontata dalla band di Oxford è una società che ha scoperto l’alienazione

 

Tutte le suggestioni che ha espresso OK Computer sono di estrema attualità: la tecnologia si è evoluta velocemente e i nostri timori verso la stessa sono ancora freschi, e si rinnovano alimentati dall’industria dell’intrattenimento, che nella distopia tecnologica sta trovando grande fortuna. Non è affatto un caso che due delle migliori serie di sci-fi degli ultimi anni, Black Mirror e Westworld, siano andate a pescare proprio dal capolavoro dei Radiohead per impreziosire le loro colonne sonore.

 

Un album musicale diventa epocale quando in qualche modo riesce a plasmare il pensiero di una generazione e nello stesso tempo ne diventa il manifesto. Come sosteneva Theodor W. Adorno, filosofo della popular music, un’opera d’arte musicale vera è l’unica che possa avere una funzione conoscitiva, l’unica che potrà essere analizzata dai posteri e l’unica nella quale i posteri troveranno informazioni sul loro passato. Da quando la musica registrata è diventata una forma d’arte e un prodotto di consumo, ogni decennio ha prodotto un disco capace di riprodurre lo spirito dei suoi anni: Sgt. Pepper, Thriller e Nevermind hanno in comune il potere di rappresentare delle tappe storiche nell’evoluzione della società occidentale. OK Computer è stato designato dalla critica e dal pubblico come successore dei capolavori sopracitati, un disco spartiacque che avrà la responsabilità storica di raccontare ai nostri nipoti come era il mondo “alle soglie del 2000”.

 

Radiohead Ok Computer 5

Radiohead OK Computer avrà la responsabilità storica di raccontare ai nostri nipoti come era il mondo alle soglie del 2000

 

Tra alcuni decenni OK Computer ci ricorderà come eravamo ingenui nell’affacciarci sul futuro; quelle note malinconiche saranno come fotografie della nostra infanzia nel mondo digitale. Saranno come un odore che in un baleno ci trasporterà indietro nel tempo, a quando per la prima volta abbiamo sentito lo strano sfrigolare del modem 56k, quando scaricare il primo mp3 significava rivoluzione. Proprio i Radiohead saranno i primi a regalare un loro disco, quel In Rainbows che si poteva scaricare gratuitamente o donando una cifra a piacere.

 

 

Se tutti i classici hanno in comune la facoltà di resistere nel tempo e di conservare intatto il proprio messaggio, allora OK Computer lo è. La prova dei vent’anni è stata superata bene, proprio nell’anno in cui Sgt. Pepper ne compie cinquanta; il capolavoro dei Beatles, come uno zio strambo, il ventuno maggio farà gli auguri al suo nipote alienato con un’energica pacca sulla spalla.

 

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