Sempre più italiani vanno al Primavera Sound: esterofilia o il tempo dei grandi festival è tornato anche in Italia?

Sta arrivando l’estate, evviva. Se per voi questo è sinonimo di spiaggia, mare e sole, per molti altri, come il sottoscritto, la stagione estiva equivale ad una stagione di concerti o, nella migliore delle ipotesi, ad una stagione di festival, su tutti il famigerato Primavera Sound di Barcellona assurto ormai a status di appuntamento imperdibile per gli amanti della musica dal vivo. Di questo grande festival vi abbiamo già raccontato tanti aspetti, ora però vogliamo ragionare sulle dinamiche che ruotano attorno ad eventi di questo tipo e perchè no, sognare il ritorno dei grandi festival anche nel nostro paese. Per fare questo siamo andati a Milano a parlare con Ruggero Isacchi, dj e promoter al lavoro con grandi nomi del clubbing grazie alle sue esperienze con Electrovenice Festival, Club Nation, Embassy-Artists e Radio105.

 

ilCartello: Vuoi per un pubblico forse non prontissimo su larga scala, vuoi per un impianto legislativo poco agile e per delle amministrazioni locali forse non sempre pronte a sostenere iniziative del genere, fatto sta che in Italia in questo momento manca IL grande raduno musicale. Senza entrare troppo nel merito delle questioni politico-legislative, credi che se ci fossero le condizioni strutturali il pubblico italiano, in termini di numeri ed interesse, sarebbe pronto a rendere un evento come Primavera Sound sostenibile nel nostro paese?

 

Ruggero Isacchi: In termini di numeri ed interesse non credo che il pubblico italiano sarebbe pronto a rendere un evento tipo Primavera Sound sostenibile ma non la vedo come una cosa del tutto negativa. Per spiegarmi faccio prima un passo indietro nel ragionamento per sottolineare come il successo di un evento come P.S., come di altri festival dello stesso genere (escludo dalla mia analisi i festival EDM), sia il frutto di una somma di fattori particolari e quindi non possa essere replicato a piacere data l’impossibilità di avvalersi di alcune condizioni che nel caso di P.S. considero essenziali come la posizione geografica, il tipo di location, la visionarietà dei suoi creatori. Anche nel caso in cui le condizioni sopra citate coesistessero in un immaginario festival italiano, credo che tale evento non avrebbe la stessa certezza di successo di P.S. perchè un festival del genere non può vivere solo del pubblico del proprio paese ma deve essere capace di attrarre pubblico straniero e tale attrattività gli eventi italiani non ce l’hanno ancora. Per tornare al punto della tua domanda ti confesso che non vedo come una cosa negativa che in Italia non esista IL grande raduno musicale. Ogni nazione ha un proprio patrimonio musicale, un’industria discografica e un tipo di pubblico, quindi va benissimo che ogni nazione offra diverse tipologie di festival. Nonostante la parola festival venga ormai inspiegabilmente associata a qualsiasi tipo di manifestazione con più di due artisti in line-up è chiaro che l’Italia al momento si configura come un paese con pochissimi veri festival ed una delle spiegazioni di ciò sta soprattutto nel numero di persone interessate a questi eventi e alla musica che propongono. Il pubblico italiano è interessato ad altro e consuma per lo più spazzatura musicale questo è un dato semplice che spiega perchè non esistono festival della portata P.S. Concludo dicendo che le tendenze a copiare modelli stranieri, pensando che automaticamente funzionino sul nostro territorio, o a lasciarci invadere da produzioni straniere, non sono pratiche sane e hanno già dimostrato di essere fallimentari.

 

ilC: Di segnali positivi ce ne sono: Club to Club è giunto alla sua 15esima edizione mentre Spring Attitude si appresta a regalarci una delle sue edizioni più belle con un headliner d’eccezione come quello degli Air (che si esibiranno anche al Primavera Sound);  d’altro canto si registrano anche passi falsi come l’ultima edizione del Robot Festival che pur proponendo una line-up di altissimo livello e di respiro internazionale, ha visto un numero di presenze un po’ deludenti. Come credi si stia muovendo il pubblico musicale nel nostro paese? Secondo te qual’è il trend predominante e in che direzione stiamo andando?

 

R: Parlando esclusivamente di musica elettronica, a parte alcuni casi isolati che vivono grazie ad un particolare status, non vedo molti segnali positivi, anzi questo 2016 sta registrando dei passi indietro ma con molta positività aspettiamo che passi l’estate per tirare veramente le somme. Per quello che recepisco dalle mie esperienze lavorative il pubblico musicale del nostro paese non si sta muovendo verso un solo trend predominante e questa cosa è positiva. Significa che non siamo più un popolo di pecore. Per fortuna c’è internet che potenzialmente dà accesso a qualsiasi microcosmo musicale. Gli italiani si informano di più sulla musica, guardano, ascoltano e leggono anche in inglese, finalmente. Credo molto nel contagio delle idee e spero che sempre più italiani si lascino contagiare dalla buona musica e spengano certi canali spazzatura.

 

 

ilC: Invece che al Fantacalcio giochiamo al Fantafestival: un nome e un luogo per un grande concerto/raduno in Italia.

 

R: Va bene fantastichiamo: Pink Floyd live a Venezia. Ah! no aspetta c’è già stato… Era il 15 luglio 1989. Quasi 200.000 persone.

 

Wish you were there: i Pink Floyd dal vivo in laguna.

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