Finalmente è sabato. Niente lavoro, niente impegni, niente di niente. C’è un compleanno che ci aspetta e una fantastica giornata di relax al mare si prospetta. Prendiamo il treno (non è comune prendere i trasporti pubblici qua in Sudafrica, specie se sei bianco) e ci dirigiamo verso Kalk Bay, piccolo villaggio di pescatori in direzione di Cape Point (per intendersi, dove c’è Capo di Buona Speranza, difficile ostacolo sulla antica rotta verso le Indie, superato per la prima volta da Vasco da Gama). Il ristorante è enorme e la location spettacolare: sul mare, popolato da qualche coraggioso surfista, e accanto al porto, popolato invece da pescatori, foche e pinguini. La giornata passa superlativamente tra un bloody mary e uno shot di tequila, fino a quando, verso le 18, decidiamo di tornare indietro con lo stesso trenino colorato che ci aveva portato all’andata. In realtà la vera storia inizia qua, e non riguarda me ma N. N, tipico ragazzone sudafricano simpatico e alla mano, era alla festa con noi. La sua ragazza decide di tornare in treno col gruppo, scordandosi di rendergli le chiavi della sua macchina. N, un po’ perché era ubriaco un po’ perché il paesaggio è bellissimo, decide di tornare a piedi fino a Cape Town (una decina di km circa che attraversano la periferia della città). Dopo circa dieci minuti che camminava, quattro ragazzi lo avvicinano. “Hey, dove vai?”. N li osserva velocemente e fiuta subito il pericolo. È solo dopo qualche altro passo che i ragazzi si presentano. “Siamo dei twentysixers” dice quello alto. A sentire quelle parole, una goccia di sudore ghiacciato scende per la schiena di N. Sono dei membri della Numbers Gang, la gang più pericolosa di Cape Town.
 
Purtroppo la criminalità è uno degli aspetti negativi del Sudafrica: non te ne senti oppresso, ma devi sempre stare in guardia. Banalmente, l’alto tasso di criminalità che affligge questo paese origina dall’alto tasso di povertà e dall’estrema disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza. In particolare, sebbene le cose stiano cambiando, uno degli aspetti che fa si che la criminalità si mantenga pressoché costante, è che chi nasce povero in una baraccopoli non ha nessuna opportunità di fronte a sé (cosa principalmente legata a fattori culturali e al basso tasso di istruzione). La criminalità si divide in due macro gruppi: da un lato ci sono i poveri che rubano per sopravvivere, dall’altro la criminalità organizzata. La storia di N ha a che fare con il secondo gruppo. La Numbers Gang è una banda che opera principalmente all’interno delle prigioni sudafricane, sebbene i suoi tentacoli si estendano anche al di fuori di queste. I numeri rappresentano diverse divisioni della gang e i compiti assegnati ad ognuna di queste. Ogni numero ha una sua struttura interna costituita da tanto di tribunali e pseudo primi ministri della gang. La gang persegue una sorta di strategia del terrore e tramite questa si fa rispettare. Il terrore è nelle file della gang stessa: omicidi gratuiti come prova di coraggio, stupri e disponibilità a farsi stuprare dal capo diventando la sua lady-boy in carcere, furti e sequestri. Queste tra le attività preferite dai Numbers boys.
 
I 26 si occupano di accumulare ricchezza per la gang: chi meglio di N come pollo da spennare? N è tuttavia tutt’altro che desideroso di farsi fottere. Così decide di giocare la “carta dell’amicone”: inizia a fare conversazione e a scherzare con i quattro, che iniziano a camminare con lui. “Che fai nella vita? Guidi una macchina?” dice quello con la cicatrice sull’occhio, N mente spudoratamente e vola basso: lavoro malpagato e utilitaria. Appena si crea un po’ di silenzio N inizia a parlare del più e del meno, a dare pacche sulle spalle e abbracci. Solo quando ha finito tutti i numeri in repertorio chiede “Voi che fate?”. È qua che la seconda goccia di sudore, ghiacciata come la punta di una lama d’acciaio, attraversa la schiena di N. E’ il capo dei quattro a prendere la parola, racconta di come ha stuprato una donna che non voleva dargli i soldi e di come ha ammazzato un uomo su commissione della gang. N è ormai certo che da un momento all’altro arriverà il fatidico momento in cui dicono: “Ok bello caccia tutti i soldi!”. Un benzinaio spunta all’orizzonte: un’oasi nel deserto. I ragazzi gli fanno capire che gli è andata bene, lo lasciano là e gli dicono di non muoversi fino a quando la sua ragazza verrà a prenderlo. Gli dicono anche di non guardare nessuno negli occhi, perché potrebbe essere meno fortunato di quanto è stato con loro.
 
Quando i quattro se ne vanno il benzinaio esce e gli urla “Cosa hai in quella testa?! Giusto un mese fa ho dovuto soccorrere un ragazzo brutalmente accoltellato a quell’angolo della strada”. Quando N ci ha raccontato la storia era ancora evidentemente scosso, non so quando si rifarà una passeggiata fuori dal centro della città…