Il 4/5/15 al Culwell Event Center in Texas Pamela Geller ha organizzato una gara sulla miglior vignetta di Maometto. Charlie Hebdo si ripete?

Ci risiamo. Il 4 maggio scorso a Dallas, una sparatoria tra le forze dell’ordine e due simpatizzanti dello Stato Islamico ha portato alla morte di questi e al ferimento di un agente. Il ricordo va immediatamente a ciò che è accaduto a Charlie Hebdo. I due militanti, di cui uno di origine statunitense, hanno aperto il fuoco su un agente di sicurezza del Culwell Event Center, in occasione di una manifestazione culturale organizzata dalla blogger Pamela Geller. L’intervento tempestivo della polizia ha impedito una strage, che tra l’altro avrebbe privato il mondo del politico olandese Geert Wilders, e ha assicurato i malviventi alle braccia della Grande Mietitrice. Pochi istanti dopo, gli artificieri sono sopravvenuti per ispezionare il veicolo con cui i due uomini hanno fatto irruzione nel parcheggio del centro congressi, costatando, con grande sollievo di tutti, che nessun ordigno era stato posto a bordo. La Geller ha infine dichiarato alla stampa in tono provocatorio: “Questa è guerra alla libertà di espressione. Che faremo? Ci arrenderemo a questi mostri?

 

Ordunque una storia semplice volge al termine e se non è bene quel che finisce bene, per lo meno non ci sono state altre vittime oltre ai due simpatizzanti dell’ISIS. Purtroppo però, proprio come nella “storia semplice” di Sciascia, ci sono ben altri dettagli da prendere in esame perché il quadro sia apprezzato nella sua interezza. Cominciamo ponendoci alcune semplici domande, innanzitutto chi è Pamela Geller e che tipo di manifestazione culturale avrebbe organizzato nella megalopoli texana? Per chi non lo sapesse, la blogger newyorkese è considerata una piuma alquanto tagliente consacrata alla propaganda dell’islamofobia: nel 2010, per dirne una, si è servita del suo blog per osteggiare la costruzione di Park 51, uno spazio dedicato alle attività della comunità musulmana, nei pressi del World Trade Center. Un’altra iniziativa che merita la menzione d’onore è senza dubbio la campagna pubblicitaria anti-Islam diffusa tramite pannelli pubblicitari in tutto il paese. D’altronde la sua libertà di espressione è protetta dalla Costituzione e il Primo Emendamento è l’egida sotto la quale ha concretizzato la sua ultima iniziativa trasformatasi in tragedia, ovverosia una competizione per premiare con 10000 dollari la migliore caricatura di Maometto. Nessuno mette in discussione la libertà di poter organizzare un evento del genere su un tema che tanto aggrada il finanziatore. Mi permetto solamente di dissentire sulla reale utilità di una tale competizione e di sollevare alcuni interrogativi sul fine della stessa, come ad esempio, il carattere deliberatamente provocatorio del concorso era solo un volano per ottenere visibilità mediatica?

 

Se il problema della visibilità ossessiona l’organizzatore di un tale contest, quale migliore soluzione potrebbe esserci che invitare Geert Wilders? Originario dei Paesi Bassi, questo fervente euroscettico è uno dei personaggi più pittoreschi del panorama politico contemporaneo. Nel cortometraggio intitolato Fitna, Wilders ha assimilato il Corano all’hitleriano Mein Kampf e la religione islamica ad un’ideologia fascista, guadagnandosi una fatwa informale di Al Quaeda e quattro capi d’accusa per incitazione all’odio razziale. Nonostante questi avvertimenti da ambo le parti, l’esponente del Partito per la Libertà ha perpetrato la sua querelle contro i valori dell’Islam senza sfumare i toni, arrivando persino ad accusare la giornalista olandese Joanie de Rijcke di essere affetta da sindrome di Stoccolma per non aver condannato l’Islam dopo il rapimento e lo stupro operato da un commando talebano. A scanso di equivoci Wilders ha anche dimostrato di essere un convinto sionista e un acerrimo nemico dei nemici di Israele.

 

Il concorso di vignette satiriche su Maometto organizzato da Pamela Geller avrebbe dunque visto anche l’intervento di uno degli esponenti anti-Islam più tristemente celebri del pianeta. Tutto era stato architettato e concepito per deliziare il detrattore medio della religione musulmana e alimentare quell’idem sentire che riposa sulla netta contrapposizione gruppale. Questo ovviamente non giustifica alcun ricorso alla violenza o censura che possa rischiare di degenerare in una deriva assolutistica, se gli scettici desiderano riunirsi per rinvigorire il loro sterile scetticismo hanno tutto il diritto di farlo. Se poi la loro pacifica manifestazione si trasforma in una carneficina che indirettamente ottempera e dona nuova linfa ai pregiudizi anziché facilitare il dialogo, tanto di guadagnato per tutti loro. Ma quando Pamela Geller si chiede retoricamente se ci “arrenderemo a questi mostri” dovrebbe fare attenzione a definire meglio quel sottinteso “noi” perché, a meno che non si tratti di un plurale maiestatico, non dovrebbe assumere che stiamo tutti dalla sua parte.