Gli effetti della gentrification a Istanbul

Gli effetti della gentrification a Istanbul

“Nei quartieri storici di Istanbul la dualità regna praticamente ovunque. Vecchio e nuovo si incontrano costantemente modificando inevitabilmente il paesaggio”, mi spiega Mehmet in un perfetto francese. “Prendi il mio quartiere: Çihangir. Di ritorno da Bruxelles, dove ho vissuto a lungo per lavoro, ho preso casa in quello che prima della mia partenza era considerato un quartiere degradato e infestato da malviventi e prostituzione. Oggi è uno dei quartieri più ambiti di Beyoğlu (un distretto dell’Istanbul moderna) per via dei suoi bar, dei suoi club e per la sua vicinanza a Istiklal.”. “E credi che questo processo di gentrificazione dei quartieri più poveri provochi attriti tra insediati e insedianti?”, domando con rispettosa ingenuità. “Forse lo vedrai tu stesso. Risiedi a Tophane in questo momento, no? Ecco, quello è un quartiere gitano che ancora conserva la sua identità”.

Effettivamente, Tophane presenta ancora molte caratteristiche di un quartiere tradizionale dove poche donne frequentano gli spazi di interazione, eccezion fatta per i luoghi di culto, e l’alcool è un tabù. Proprio il consumo di alcolici qualche anno fa ha scatenato un attacco congiunto dei residenti ai danni di alcuni avventori delle gallerie d’arte circostanti. A detta loro, un abuso così manifesto di sostanze alcoliche urtava la sensibilità del vicinato e cinque persone sono state ospedalizzate. Addentrandomi per le vie di questo piccolo mondo antico, mi sono ben presto reso conto come le gallerie e i bar dal sapore occidentale dell’arteria principale rispondessero esclusivamente alle necessità di una minoranza di abitanti e turisti.

I tentacoli della vicina Istiklal Caddesi, la lunghissima strada pedonale costellata di locali di tendenza, si insidiano nei meandri dei sobborghi adiacenti e lo stridore è fortissimo. È inutile velarsi gli occhi, a Istanbul, così come a Londra, San Francisco, Parigi e molte altre metropoli, la gentrificazione è uno dei problemi più acuti. Migliaia di persone appartenenti a classi agiate si riversano nel centro cittadino per godere della prossimità di istituzioni, centri d’interesse e locali notturni, con effetti nefasti per gli strati sociali più poveri da sempre concentrati nell’area. Il costo della vita s’impenna, l’architettura si trasforma e il tessuto sociale si lacera lasciando il posto ad un mosaico incoerente. Si aggiungano poi le conseguenze del turismo di massa e il quadro è completo.

In qualche modo anche il mio passaggio contribuisce ad aggravare il problema ma la realtà è ben più complessa di così e l’urbanismo scellerato è senz’altro la causa principale. A Istanbul ‘gentrificazione‘ fa rima con ‘discriminazione’ e ‘repressione’. In molti ricordano i violenti scontri di piazza Taksim tra manifestanti e forze di polizia, innescati dalla dura reazione dell’amministrazione al sit-in contro la costruzione di un centro commerciale sul suolo di Park Gezi. “Le proteste del 2013 a Taksim sono il risultato di una forte tensione fra potere costituito e alcuni segmenti della società, lo sgombero dei manifestanti nel parco è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso”, spiega una studentessa che ha preso parte alle manifestazioni.

“Quando i reparti antisommossa ci hanno caricato e disperso con lacrimogeni e idranti ho avuto l’impressione di correre per salvarmi la vita. Molti dei miei amici sono stati feriti o intossicati”. Alla mia domanda sull’estrazione sociale dei manifestanti, risponde sottolineando come la protesta si sia in breve estesa a buona parte della società civile frustrata dalle pratiche molto poco ortodosse del governo locale e nazionale. Ed è così che cominciamo a discutere dell’emblematico caso di Tarlabaşı. Questo pittoresco quartiere del distretto di Beyoğlu da anni sta pagando a caro prezzo gli esperimenti segregazionisti degli urbanisti istanbulioti. Come riporta un ricercatore dell’università di Sheffield, residenti curdi e rom sono costantemente vessati dagli agenti di polizia che si permettono di incarcerare sulla base di un vago sospetto o di non intervenire in caso di necessità.

Una tale forma di ingiustizia sociale è parte integrante di un processo di trasferimento della popolazione che principia nel 2005 con l’approvazione di un progetto per la riqualificazione della zona. Laddove i lavori di restauro sono portati a termine, gli abitanti sono obbligati a versare una cospicua somma di denaro per conservare la proprietà della casa o addirittura a trasferirsi nella periferia estrema, a decine di chilometri dai loro ambienti di lavoro. A trarne vantaggio, naturalmente, la “gentry” moderna alla ricerca di un nido sicuro e ben dislocato. Tuttavia gli uomini e le donne di Tarlabaşı non si sono arresi e nel 2014 il Consigio di Stato turco ha sospeso gli acquisti della municipalità innescati dal progetto di riqualificazione urbana. L’identità del quartiere è salva, almeno per il momento. Di là dei banchi del caratteristico mercato domenicale, posso facilmente scorgere le cicatrici lasciate da questa lotta e verso Nord piccole gallerie d’arte e residence fanno timidamente capolino a pochi metri da Taksim.

Qualche ora dopo raggiungo alcuni amici a Beşiktaş per guardare insieme il derby calcistico turco per eccellenza, fra loro vi è anche Elvan, uno studente d’ingegneria innamorato del Galatasaray. A Istanbul la fede calcistica è una cosa seria e quando Fenerbahçe e Galatasaray si fronteggiano tutta la città trattiene il respiro. Fra una tazza di tè nero e una sigaretta, Elvan mi racconta alcune vicissitudini del campionato senza risparmiarmi aneddoti sul conto dei calciatori più blasonati. “Ah Sneijder, lui sì che è un fuoriclasse! Sono tutti fortissimi in Olanda. Sai, se riesco a superare il test per diventare pilota vado a far pratica laggiù e magari ci resto anche.”. “Non hai voglia di vivere qui a Istanbul?”, domando io. “Istanbul assomiglia a una città occidentale ma ne presenta soprattutto i problemi strutturali, a partire dalla questione degli alloggi. Per esempio, io spendo un sacco di soldi per vivere in un appartamento mediocre!”.

Che sia realmente mediocre oppure no, Elvan resta un privilegiato perché in fondo si trova nella condizione di poter scegliere. Malgrado la loro resistenza, molti altri sono stati spediti in periferia dall’amministrazione locale che apparentemente non si preoccupa di vederla trasformare in una polveriera pronta ad esplodere se e quando la tensione dovesse tornare a salire.