Le Femen sono uno dei movimenti femministi della nostra generazione più importanti.

Quei seni nudi e perfetti catturarono di colpo la mia attenzione. Qualche istante dopo questa si spostò sulle ragazze stesse. Erano belle, bellissime e feroci. Solo in un secondo momento le urla, il caos intorno alle giovani ribelli e la telecamera a spalla che trasmetteva riprese molto mosse mi fecero capire che era un blitz di protesta. Il mio interesse si spostò allora sui messaggi che le giovani donne avevano scritto sui toraci nudi. Feci in tempo a leggere ‘Religion is slavery’ e ‘Free women’, prima che la polizia coprisse le attiviste da subito, e le facesse salire in macchina successivamente. Anche il cameraman venne portato via. Sorrisi. Erano riuscite ad ottenere il loro obiettivo, pensai. I loro corpi nudi avevano attratto la mia attenzione (e, suppongo, quella degli altri spettatori) e, infine, mi ero soffermato a leggere i loro messaggi.

 

Trovai la forma di quella protesta geniale e decisi di informarmi. Le ragazze appartengono al gruppo di attiviste ‘Femen’. Femen nasce dalla mente di Anna Hutsol nel 2008 in Ucraina come ‘movimento femminista del terzo millennio’. Le ragazze si dicono portavoce della filosofia del sextremism. In breve, nella società moderna, considerata da esse fallocentrica, il potere e i soldi sono concentrati nelle mani degli uomini mentre le donne sono poste in una posizione d’inferiorità. Parlano di società patriarcale e questa vogliono combattere. Da qui nasce lo strumento della nudità.

 

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Le Femen usano la nudità come strumento di protesta

 

La nudità rievoca il sesso e questo è il modo migliore per accendere i riflettori su di sé e far si che il proprio grido di malcontento (contro l’oppressione della donna e, più in generale, contro tutte le forme di oppressione, dalla religione ai regimi politici dittatoriali) venga ascoltato da una platea più ampia. Non solo, una protesta aggressiva e d’impatto come quella messa in atto dalle ragazze, che include anche arresti e problemi con la legge, ha la capacità di attrarre l’interesse del pubblico. Creando supporters, nuove attiviste e donatori.

 

Da quando conobbi il movimento seguii con piacere queste guerriere amazzoni moderne tramite le notizie che la stampa nazionale ed estera riportava frequentemente. Degne di nota sono le proteste contro Putin, contro Berlusconi durante le elezioni e tra le nevi di Davon, in Svizzera.

 

Recentemente una notizia diversa dalle altre ha riportato le Femen sulla scena. Non si parlava di blitz, proteste o arresti. Questa volta le ribelli stavano percorrendo il tappeto rosso del Festival di Venezia da invitate e non da manifestanti. Kitty Green, 28enne di madre ucraina e padre australiano, ha presentato al Festival (fuori concorso) un film-documentario dal titolo ‘L’Ucraina Non E’ Un Bordello’. Leggere le recensioni del lungometraggio è stato uno shock. La pellicola della Green (che ha convissuto con le ragazze per più di un anno) scava lentamente nell’organizzazione. Il colpo di scena si ha quando ne giunge alle viscere: la Hutsol non è la fondatrice, il gruppo non ha una madre fondatrice, ma bensì un padre. Viktor Svyatskiy è il cervello delle Femen. Nel film Viktor dichiara di aver creato il gruppo per avere delle donne intorno e affinché queste imparino, dal suo comportamento patriarcale, cosa è ciò contro cui combattono.

 

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Viktor Svyatskiy è l’uomo dietro le Femen

 

La visione mi lasciò confuso e perplesso. Avevo anche perso parte del mio rispetto per le ragazze. Solo in un secondo momento capii. Lessi altri articoli sulle ragazze. Nuove iniziative di Femen si sono diffuse a giro per l’Europa e il quartier generale dell’organizzazione è ora stato spostato dalla repressiva Kiev alla (più) libertina Parigi. Infine, il movimento è arrivato anche in Italia. Conclusi dunque che, sebbene la presenza di Svyarskiy dietro al movimento fosse paradossale, il movimento si è evoluto, ha cambiato forma ed è, ogni giorno di più, uno strumento per far sentire la voce delle donne.

 

Ma perché parlare di Femen? Lo spunto nasce dalla diffusione in rete di foto riguardanti attiviste italiane. Devo ammetterlo, non mi ero mai reso conto di quanto il problema della violenza sulle donne fosse di rilievo in Italia. Il mio cervello registrava le notizie di violenza sotto la voce ‘cronaca’ o ‘cronaca nera’ senza realizzare che spesso, troppo spesso, il nome della vittima era al femminile. Fu L. a farmelo notare. Lei è straniera, e mentre parlavamo mi disse che era allibita dal numero di notizie di cronaca e cronaca nera che riguardavano le donne. Iniziai a farci caso. In Italia ogni 2,5 giorni viene ammazzata una donna. Anche l’ONU ha scritto un rapporto che dipinge uno scenario drammatico e che richiede all’Italia di fare qualcosa per fermare questo fenomeno inaccettabile. Lo stato (nella Grande Società) si muove molto lento. E ancora non è riuscito a creare un disegno di legge che protegga efficacemente la donna. Per questo ho deciso di parlarvi di Femen. Femen permette di parlare del problema senza scadere nella retorica. Femen sensibilizza e, colpendo con i suoi seni ribelli, smuove l’opinione pubblica riportando a galla le grida delle vittime di violenza. Go Femen!

 

Ukraine is not a brothel è il film da guardare.