Referendum Scozia: il voto del 18 settembre potrebbe avere un impatto profondo sulla storia europea. La nostra analisi di questo atteso evento.

Il 18 settembre è una data che ha la possibilità di segnare un evento storico per il popolo scozzese: la propria indipendenza dalla corona britannica. Un obiettivo che ora, dopo i risultati del sondaggio pubblicato dal Sunday Times, non appare più irrealizzabile: il 51% si è dichiarato indipendentista, mentre il 49% è ancora favorevole a rinsaldare il legame con l’Inghilterra. Tale risultato desta molte preoccupazioni a Buckingham Palace, la prospettiva di una Scozia indipendente rischia di creare una crisi costituzionale, nonché una brutta ricaduta sul fronte della Borsa.  Quali sono, dal punto di vista finanziario, le possibili conseguenze? Secondo i massimi esperti di finanza (Credit Suisse in testa) la vittoria indipendentista preluderebbe a un futuro immediato fosco per la Scozia, dato che si assisterebbe, con tutta probabilità, a una fuga di conti correnti verso l’estero, con conseguente ricaduta sul mercato azionario, che vedrebbe in forte ribasso le azioni di bancari come Rbs e Lloyds.

A ciò si aggiungerebbero inevitabili cambiamenti sul fronte delle alleanze militari e degli aspetti politici: nel caso della vittoria indipendentista il paese metterebbe in discussione la sua presenza nella Nato, ricostruirebbe alleanze internazionali pienamente autonome, nonché andrebbero ridiscussi aspetti strategici come quelli relativi ai pozzi scozzesi. Uno scenario quindi molto complesso, ma che trae origine da lontano: le rivendicazioni scozzesi nascono fin dall’ Act of Union del 1707, con i laburisti che hanno sempre recitato un ruolo di primo piano nella lotta per le rivendicazioni delle classi operaie. Il ritorno in auge di tale fenomeno è da associarsi alla scarsa rappresentanza data dal Partito Laburista ai lavoratori nelle ultime due decadi; infatti, i maggiori sostenitori dell’indipendenza sono i giovani e proprio le suddette classi lavoratrici, stanche e deluse di non essere state salvaguardate a dovere dal Partito e ora vogliose di rendersi indipendenti per creare una vera, e credibile, alternativa socialista.

Promotore di tutto questo è stato lo Scottish National Party: esso si fa portatore di una Scozia indipendente e maggiormente egualitaria, e attraverso il “Libro Bianco” ha delineato il proprio programma per rendere attuabile la separazione dalla Gran Bretagna. Tale documento mette al proprio centro il riconoscimento al Paese dei pozzi petroliferi che si affacciano sul Mare del Nord; attraverso questa nuova ricchezza la Scozia sarebbe così in grado di rendersi finanziariamente autonoma, di garantire nuovi assegni sociali, nonché di stabilire un sistema fiscale maggiormente equo. In pratica, si garantirebbe al popolo un sistema di welfare di primo livello. Ovviamente l’Inghilterra non si sta mostrando insensibile a tale evento e sta praticando una sistematica “campagna della paura”, cercando di far passare il messaggio che le proposte del Libro Bianco sono irrealizzabili e che la Scozia non è in grado di andare avanti da sola.

Non avendo le competenze per esprimermi su chi abbia ragione o chi abbia torto mi limiterò qui a sottolineare il target di elettorato che potrebbe risultare decisivo nel far pendere l’ago della bilancia: le donne.  Esse risultano il 70% della classe lavoratrice ma, allo stesso tempo, non hanno ancora deciso quale linea appoggiare; sono, di fatto, il gruppo elettorale più indeciso, e la loro scelta di voto risulterà, con tutta probabilità, determinante ai fini dell’esito del referendum. Quel che è certo è che anche le donne sono sempre più propense ad affiliarsi alla linea indipendentista: la crescita del “Si” femminile dal 33% al 47% sta a dimostrare tutto ciò.

Comunque sia per il referendum di Scozia del 18 settembre ogni esito è possibile: i fattori che possono portare l’elettorato a votare per il “Si” sono il clima di opinione (l’entusiasmo che l’elettore percepisce intorno a sé e lo porta a seguire il “pensiero della maggioranza”); la campagna più incisiva condotta dallo Scottish National Party rispetto a partiti come Better Together (assolutamente contrari a separarsi dagli inglesi); il già citato crescente sostegno delle donne, sempre meno timorose di rompere il legame con la corona. Di contro, vi sono però anche dei motivi che possono far propendere per il “No”, come ad esempio il non trascurabile fatto che gli over 60 ( il target di elettorato più massiccio) sono allo stato attuale più propensi a contrastare l’indipendenza (62%), nonché la non remota  possibilità che l’entusiasmo per la secessione si affievolisca, cosicché il clima di opinione possa mutare nei giorni antecedenti al voto portando a quello che nei suoi studi politici la Noelle-Neumann definiva un “last-minute swing”, un effetto conversione che sposta una considerevole fetta di elettorato a favore di una delle due parti in gioco in direzione del clima opinione dominante. Nel caso questa ultima possibilità si avverasse assisteremmo a una perdita di entusiasmo verso l’indipendenza da parte della maggioranza della popolazione con il conseguente effetto a cascata sul clima d’opinione, che a quel punto andrebbe ad appoggiare coloro che sono contrari alla rottura del legame con gli inglesi, influendo così in maniera determinante sugli esiti della votazione.

Qualunque sarà il risultato finale una cosa è però certa: il 19 settembre sarà una data da ricordare.