Voglio approfondire un'affermazione che ho fatto nel mio ultimo articolo, ovvero che il mercato si sta muovendo sempre più verso la quantità a discapito della qualità, in un vortice che va verso il capitalismo esasperato. È bene approfondire.

Oggi la qualità di immagini, di fotografia, di estetica, di proprietà di linguaggio cinematografico è altissima. Ho capito questo al termine di un mio intervento durante un’assemblea in un Liceo Classico quest’anno, in cui ero stato invitato per parlare appunto di cinema e di produzione cinematografica. Abituato alle assemblee di quando ero liceale io, mi aspettavo una specie di fossa dei leoni: già mi immaginavo insultato nella totale disattenzione.

 

Questa esperienza è stata per me invece un’illuminazione: circa 300 studenti hanno seguito la mia ‘lezioncina’ di circa 2 ore con un’attenzione davvero mai vista. Ciò che però mi ha colpito di più è stata la competenza: le domande avevano una qualità ed una profondità che mi hanno lasciato sbalordito. Mi ero preparato una scaletta, che non sono riuscito neanche ad iniziare perché sono stato bombardato di domande fin dal primo minuto. Per la prima volta ho notato uno stacco generazionale, una vera e propria differenza anche da un punto di vista ‘cerebrale’. Oggi un ragazzo di 15 anni capisce di estetica dell’immagine come 10 anni fa un ragazzo di 25: questa è un’assoluta verità che, chi opera nell’audiovisivo, deve tenere bene a mente.
Per questo, l’importanza che un target dai 14 ai 24 anni dà all’immagine è enormemente superiore alla generazione precedente.
Per questo, tale target è severissimo con i prodotti che gli vengono proposti, è quasi impossibile ‘fregarlo’ sulla qualità del prodotto.
Per questo, la qualità dei prodotti oggi, secondo me, tende assolutamente a crescere.
Diciamo, in sintesi, che la quantità dei prodotti cresce in maniera esponenziale, la qualità cresce, in modo meno prorompente, ma cresce.

 
È ovvio che questo incremento dei prodotti derivi sia dalla possibilità di poter scattare immagini e video in qualsiasi momento della giornata (grazie agli smartphone) nella quantità che vogliamo, sia dal web, che ha creato un ritorno ad un vero e proprio linguaggio per immagini, per gesti.
Mi diverto a pensare che si credeva in un ritorno alla parola scritta come comunicazione più comune: addirittura siamo andati ancora più indietro, siamo tornati al linguaggio forse più primordiale che c’è, ovvero quello per immagini, senza uso di parole né dette né scritte. È proprio l’immagine in tutte le sue forme che oggi la fa da padrona. È proprio l’immagine il linguaggio proprio delle nuove generazioni, luminari di questo nuovo tipo di comunicare.
L’immagine ha oggi un potere mai avuto: si vive per la propria immagine, si dà più valore all’immagine del profilo di Facebook che non all’immagine della realtà, si delira per la propria immagine.
E, fenomeno che i sociologi dovrebbero studiare nei minimi dettagli, si vuole lavorare solo per l’immagine. Come dice Sean Penn in This Must Be the Place: “Qui nessuno lavora più, fanno tutti qualcosa di artistico”. Mai affermazione in un film fu più vera. Aggiungo che gli unici lavori ‘normali’, laddove per normali intendo fuori dal mondo dello spettacolo, che ancora qualcuno vuole fare, sono il parrucchiere, l’estetista o il pr nei locali, che sempre e comunque con l’immagine lavorano, perché sempre avranno dei clienti che concepiscono la propria immagine come sacra.
Altro fenomeno dei nostri tempi (anzi dell’ultimo anno!) è che, per la prima volta, il lavoro preferito dai bambini non è più l’astronauta e nemmeno il calciatore: grazie a Masterchef Italia, Cucine e Pasticcerie da Incubo e tutti gli altri numerosi programmi tv sulla cucina, è diventato il cuoco. Questo è un altro esempio calzante di quanto sia potente l’immagine: tra un po’ di anni ci sarà forse il problema che tutti vorranno fare il cuoco: non troverà lavoro nessuno e mancheranno sempre di più i medici.
Secondo me questa ondata di giovani aspiranti ‘artisti’ deriva da una cattiva educazione all’immagine, che va dalla mancanza di competenza su come si costruisce ciò che vediamo in televisione o al cinema, alla mancanza di conoscenza di chi sono i proprietari e le persone che influenzano la televisione ed il cinema: senza queste nozioni, in questo turbinio di spot e film e serie e corti e documentari e falsi documentari e programmi tv e servizi per la tv, non ci si capisce niente. Qualcuno rischia pure di perdere l’orientamento.

 
Educare all’immagine credo che sia la parola d’ordine per arrivare ad una libertà profonda del singolo individuo e per arrivare a farlo muovere nel mondo di oggi in un modo autonomo e non facilmente influenzabile. Credo che fin dalle scuole elementari si debba spiegare che cosa è la televisione ed il web ad un bambino, proprio perché essendo destinato a diventare in futuro un grosso fruitore di immagini, deve conoscere l’arma che sta usando.
Tornando al punto di partenza: mai come oggi si fa un uso così spropositato dell’immagine per la sua estetica, ma forse mai come oggi non se ne conosce il vero potere e tutto quello che ci sta dietro e secondo me questo è anche il motivo per cui si capisce sempre meno il valore di un film e si dà sempre più importanza ad una foto virale anche se fake. È il motivo per cui si è disposti a dedicare sempre meno tempo a quello che si vede; infatti, siamo passati dal vedere i film al cinema a vedere pillole di due minuti su Youtube.
Youtube è il simbolo di un altro fenomeno, un mezzo che consente a tutti di sentirsi artisti. Ma questo è argomento per un altro articolo…