I Hate New York è un ritratto intimo e affascinante del mondo trans di New York.

Immaginate di poter vedere in un solo documentario una decade di scena underground newyorkese. E immaginate che i protagonisti di questa storia siano quattro tra le più grandi icone transgender di sempre.

A questo ha pensato il regista Gustavo Sánchez quando nel 2007 ha deciso di realizzare “I Hate New York”, documentario in cui ha seguito le vite di Amanda Lepore, Chloe Dzubilo, Sophia Lamar e T De Long per ben dieci anni.

 

Il lungometraggio è stato selezionato al 66° SSIFF San Sebastian International Film Festival, prestigiosa sezione che presenta le proposte più rilevanti della scena cinematografica spagnola, e vedrà la sua prima internazionale a Londra, al Raindance Film Festival, il più importante festival di cinema indipendente del Regno Unito.

 

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Gustavo Sànchez, regista del documentario

 

“I Hate New York” restituisce un ritratto intimo e affascinante del mondo trans di New York; le quattro protagoniste si lasciano andare, raccontando tutto ciò che ha formato la loro identità e portandoci in un passato a tratti drammatico ma senza dubbio straordinario.

Tramite le vite di Amanda, Chloe, Sophia e T, Sánchez è riuscito a mostrare un volto molto particolare della transessualità: quello dell’anticonformismo rivoluzionario, della lotta contro i pregiudizi e della continua ricerca della libertà. “I Hate New York” pone gli spettatori in un punto di vista privilegiato, quello degli outsiders, degli emarginati capaci di rifiutare regole e stereotipi grazie alla creazione di un mondo suburbano in cui regole e stereotipi non esistono.

 

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Non esistono regole e stereotipi

 

È lo stesso regista a regalarci un quadro eloquente del messaggio che vuole trasmettere:

“È il ritratto di coloro che non si sono assimilati ai vincoli del sistema, ma ne hanno creato uno proprio e hanno costruito la loro personalità tra attivismi artistici e nuovi canoni creativi. Questo film è una difesa vibrante e appassionata della libertà di pensiero e di espressione, di un necessario stato mentale di non conformità ai limiti prevalenti, una rivendicazione della natura primordiale della creatività, della spontaneità e unicità di ogni essere umano in un mondo sempre più normalizzato, globalizzato e omogeneo”.

Con la sua Sony Handycam HDR-HC3, Gustavo Sánchez ha realizzato centinaia di ore di riprese, trasformate in lungometraggio dalle sapienti mani di J.A. Bayona, già regista di “The Orphanage”, “The Impossible”e“Jurassic World: Fallen Kingdom”. Le riprese amatoriali e l’assenza di illuminazione artificiale e di suoni professionali hanno contribuito a creare un’opera dall’atmosfera familiare e autentica, che mostra alla perfezione la vita e la spregiudicata libertà delle protagoniste.

 

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I Hate New York mostra alla perfezione la vita e la spregiudicata libertà delle protagoniste

 

Ciò che contribuisce a rendere “I Hate New York” un ritratto perfetto della scena underground è la musica. La colonna sonora infatti include contributi del compositore giapponese Ryūichi Sakamoto e di ARCA, uno degli artisti più influenti degli ultimi anni. Racconta Sánchez che ARCA si innamorò follemente del documentario, tanto da arrivare a donare parte dei suoi brani più alcuni inediti per la realizzazione della colonna sonora, elemento fondamentale per chiudere il cerchio della narrazione.

 

“I Hate New York” è un inno alla vita libera e spontanea, espressa nel mantra ripetuto da Amanda Lepore nel film:

“Dovremmo sempre vivere al massimo e non negarci mai nulla”.

 

 

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