Ecco la storia controversa degli studi di Sigmund Freud riguardo la cocaina e come è nato il suo saggio Uber Coca.
È il 1871 quando il giovane medico venticinquenne Simon Ernst Fleischl Edler von Marxow, durante il dottorato in medicina in qualità di assistente dell’anatomopatologo Karl von Rokitansky si ferisce durante un’autopsia infettandosi. A causa di questa infezione il dottorando è costretto a farsi amputare il pollice della mano destra, ottenendo di conseguenza dei dolorosissimi neuromi che, nonostante i numerosi interventi del chirurgo Theodor Billroth non riescono ad esser eliminati definitivamente rendendo la sua esistenza insopportabile.
Nonostante Ernst Fleischl von Marxow resti ai più un personaggio totalmente ignoto, questa premessa si rende necessaria per poter comprendere l’evoluzione delle circostanze che portarono il celebre padre della psicoanalisi, il medico viennese Sigmund Freud, ad interessarsi in età giovanile alle potenziali proprietà terapeutiche di una sostanza ai tempi quasi del tutto sconosciuta, la cocaina.
Siamo nella Vienna della seconda metà dell’Ottocento, capitale dell’Impero Austro-Ungarico nonché polo nevralgico della cultura e della scienza in Europa.
Ernst von Fleischl-Marxow è un personaggio particolarmente brillante e non si limita ad avere ottime capacità nel suo ambito di ricerca, ma è in grado di destreggiarsi abilmente in conversazioni che spaziano in innumerevoli campi, dalla letteratura alla musica, passando per la fisica avanzata.
Queste qualità gli permettono di esser in contatto con alcune delle personalità più importanti per la cultura viennese dei tempi, tra cui il medico Josef Breuer e il filologo Theodor Gomperz.
Assieme a questi due intellettuali egli porta avanti un interesse spiccato verso l’ipnosi e, mettendo in atto numerosi studi direttamente su se stesso, oltre ad attuare alcune dimostrazioni pratiche di fronte ad un pubblico assai ampio, riesce a rinnovare l’interesse per gli stati ipnotici di coscienza tra gli scienziati di Vienna negli anni ’80 dell’Ottocento.
È proprio grazie a questo interesse condiviso per l’ipnosi che Fleischl e Breuer stringono amicizia presso l’Istituto di Fisiologia Brucke con un giovane assistente ricercatore di nome Sigmund Freud, che ha intrapreso la sua carriera presso tale istituto nel 1876 ed è ancora totalmente sconosciuto. Freud è immediatamente affascinato da Fleischl, che assume come modello a cui aspirare accademicamente mentre Fleischl, nonostante la gran differenza d’età e di status, decide di assumere il giovane medico come proprio protetto, stringendo con lui un forte legame d’amicizia e aiutandolo economicamente in momenti difficili insieme a Breuer.
Grazie al rapporto di amicizia sempre più esclusivo intrattenuto con Fleischl, Freud viene a conoscenza di un tragico segreto che riguarda il proprio mentore, una terribile disgrazia che avrebbe facilmente potuto metterne a repentaglio la salute e la brillante lucidità, se non la vita stessa.
Infatti l’erudito, a causa del forte dolore post-operatorio, aveva iniziato ad utilizzare morfina con l’intenzione di riuscire ad alleviare i sintomi dolorosi che lo tenevano sveglio per tutta la notte, diventando però ben presto dipendente da questa sostanza. Ai tempi la pericolosità di questa droga, dettata dall’elevatissima probabilità di una dipendenza in seguito a un utilizzo anche soltanto occasionale, era totalmente sottovalutata e numerose erano le persone divenute dipendenti da morfina soprattutto in seguito a un utilizzo per lenire ferite di guerra.
Nello stesso periodo, siamo ora nel tardo 1883, Freud si ritrova tra le mani un articolo scritto dal chirurgo militare Theodor Aschenbrand riguardante l’utilizzo di una nuova sostanza scoperta nel 1860 da Albert Niemann, un alcaloide sintetizzato dalle foglie della coca il cui nome attribuito è quello di cocaina.
Aschenbrand, prendendo spunto dall’utilizzo delle foglie di coca tra le popolazioni indigene del Peru, aveva provato ad aggiungere un piccolo quantitativo di cocaina nell’acqua da cui si abbeveravano alcuni soldati dell’esercito Bavarese sotto le sue dipendenze, scoprendo che questi militari erano stati capaci di resistere a sforzi e fatiche sovraumane e non subire l’effetto della fame per protratti periodi di tempo.
Affascinato da questi incredibili risultati, Freud decide di indagare ulteriormente il funzionamento di questa sostanza fino a scovare una serie di ricerche contenute all’interno della Detroit Therapeutic Gazette in cui venivano valorizzate numerose virtù della cocaina, tra cui l’utilizzo per disintossicarsi dall’utilizzo della morfina.
Per quanto al giorno d’oggi un simile utilizzo della cocaina, come della morfina, possa apparirci del tutto sorprendente, se non addirittura sconvolgente, bisogna comunque entrare nell’ottica medica di fine Ottocento, in cui la concezione di “bene maggiore” attribuita a un farmaco è totalmente disconnessa dai criteri odierni.
Si ha infatti una tendenza a prediligere un bene immediato ottenuto tramite l’assunzione di un medicinale piuttosto che cercare di comprendere pienamente gli effetti – e soprattutto i danni – a lungo termine che tale sostanza può procurare.
Basta prendere come esempio il caso dell’utilizzo dell’eroina a partire dal 1899 come farmaco per curare patologie neurologiche e ginecologiche, ma anche semplici dolori. L’eroina venne considerata una sostanza miracolosa a tal punto da venir utilizzata costantemente anche per ridurre i sintomi di polmoniti e tubercolosi, rallentando la respirazione e permettendo di dormire sonni tranquilli.
La Bayer arrivò a produrre ingenti quantitativi di medicinali a base di eroina sotto forma di sciroppi e caramelle esportati in ogni parte del mondo e l’eroina fu spesso pubblicizzata come un ottimo farmaco da utilizzare per placare la tosse nei bambini piccoli.
Nello svolgere queste ricerche, Freud commette però un’immensa ingenuità. Infatti lo studioso non si rende conto che i suddetti articoli possano esser faziosi, dal momento che il direttore della Detroit Therapeutic Gazzette è George S. Davis, uno dei due co-fondatori della casa farmaceutica Parke-Davis di Detroit, il cui principale prodotto immesso sul mercato consiste esattamente nella cocaina sin dal 1875.
Dato il noto desiderio di fama e celebrità provato da Freud, l’erudito non tarda a cercare di ottenere un giovamento da questa sostanza ai più sconosciuta, cercando di legare il proprio nome a questo prodotto e alle sue proprietà. Decide così di comprare alcune dosi di cocaina dal produttore Merck in Darmstadt e inizia a fare numerosi esperimenti su se stesso e alcuni dei suoi amici più cari testando l’utilizzo per via orale di questa sostanza. In questi studi coinvolge la sua compagna Martha Bernays, Josef Breuer insieme alla consorte e l’amico Fleischl.
I risultati di queste analisi vengono trasmesso al pubblico in un saggio datato luglio 1884, il cui nome riportato è Uber Coca. Questo scritto riprende fondamentalmente il punto di vista della Detroit Therapeutic Gazzette, seppur l’intento di Freud non sia quello di pubblicizzare un prodotto, ma egli è autenticamente affascinato da questa sostanza e le sue incredibili proprietà euforizzanti.
Secondo l’autore sono molte e notevoli le proprietà attribuibili a questo prodotto. Anzitutto la cocaina può esser considerata come uno stimolante e un afrodisiaco. Inoltre essa sembra presentare un ottimo rimedio a numerosi malanni e dolori, tra cui la difficoltà di digestione, la perdita di peso e di energie, il mal di mare, l’isteria e la nevrastenia, la melanconia, l’asma e l’impotenza.
All’interno della sezione dei possibili sviluppi futuri del suo saggio Freud suggerisce di proseguire gli studi indagando le proprietà anestetiche di questa sostanza, di cui aveva intravisto le potenzialità senza però averle analizzate approfonditamente. Questo compito fu in seguito portato avanti dall’amico Carl Koller, che comprese il possibile utilizzo della cocaina come anestetico locale durante operazioni oftalmologiche.
In questa opera Freud cerca infine di definire come l’utilizzo di questa droga possa risultare particolarmente utile ed efficace nella disintossicazione da morfina. A tal riguardo l’autore non può vantare di un gran campione preso in analisi, per cui si limita perlopiù a riprendere i dati offerti dagli articoli pubblicati dalla Gazzetta di Detroit aggiungendovi un solo caso osservato da lui personalmente.
Secondo lo studioso, l’abbandono della morfina da parte di questo paziente è un assoluto successo, egli non presenta sintomi di depressione, non è stato confinato a letto e ha continuato a mantenere uno stile di vita normale. La cura descritta da Freud si limita all’utilizzo di un dosaggio di 0.3 grammi di cocaina cloridrato per alcuni giorni. Dopo soltanto dieci giorni il paziente preso in analisi appare in grado di interrompere contemporaneamente sia l’utilizzo della morfina sia quello della cocaina.
Il paziente in questione, come sarà successivamente rivelato nel 1928 da Carl Koller, altro non è che il precedentemente citato Fleischl. Il nome del paziente non è però l’unica informazione mantenuta segreta all’interno del saggio. Infatti anche il trattamento non prende esattamente la piega descritta da Freud. Nonostante un’iniziale illusione di efficacia nei primissimi giorni, già il 12 maggio del 1884, a soli 5 giorni dall’inizio del trattamento, Freud scrive una lettera alla sua compagna in cui sostiene che la terapia di Fleischl non presenta gli effetti desiderati e difficilmente può esser considerata un successo.
Infatti la cocaina, assunta in dosi massicce da Fleischl e in modo continuativo, non riesce a liberarlo dai fortissimi dolori provati e talvolta lo trae in stati di semi-incoscienza. Inoltre Freud, nonostante le rassicurazioni ottenute dall’amico a riguardo, non si sente assolutamente in grado di poter escludere che egli non abbia fatto utilizzo di morfina durante il periodo in cui era stato preso in esame, cedendo ad una irrefrenabile tentazione.
Seppur i risultati ottenuti da Freud dimostrino ampiamente che la cocaina appare piuttosto inefficace al fine di disintossicarsi dalla morfina e nonostante Breuer sconsigli caldamente all’amico di proseguire in divulgazioni riguardanti i poteri benefici della cocaina, l’autore decide ugualmente di mandare in stampa il proprio saggio che viene ufficialmente pubblicato il 1 luglio del 1884.
Il saggio ottiene un notevole successo e un ottimo riscontro di pubblico soprattutto negli Stati Uniti d’America, in particolar modo grazie alla casa farmaceutica Parke-Davis che coglie immediatamente quest’occasione per incrementare ulteriormente le proprie vendite.
Infatti per la casa farmaceutica questo saggio è una vera e propria manna dal cielo. Anzitutto alla Parke-Davis viene offerta l’inattesa possibilità di poter vantare una convalida dei propri studi, condotti esclusivamente a scopo persuasivo, da parte del meritevole professor Fleischl e il dottor. Sigmund Freud, due medici provenienti da Vienna, polo nevralgico della cultura europea di quegli anni. In più la Parke-Davis comprende immediatamente di poter utilizzare Sigmund Freud per amplificare il proprio mercato nel Vecchio Continente. Così il medico viene pagato profumatamente per effettuare uno studio in cui paragonare la cocaina prodotta dall’azienda americana con quella utilizzata dal ricercatore austriaco, prodotta da Merck.
Freud inizia anche ad utilizzare il noto nome del professor Fleischl per firmare numerosi articoli scientifici su riviste americane all’insaputa di Fleischl stesso, senza mai specificare che il professore si sia limitato al ruolo di “cavia” in uno dei suoi esperimenti ma non abbia mai operato come un vero e proprio collaboratore.
Inoltre, in un articolo pubblicato successivamente, nel dicembre del 1884 all’interno del St. Louis Medical and Surgical Journal, Freud modifica la descrizione della cura intrapresa da Fleischl mantenendo invariati i quantitativi di cocaina utilizzati quotidianamente dall’amico ma alterandone la modalità d’assunzione, non più per via orale ma sottocutanea. Questo tentativo malcelato di apportare una modifica ai precedenti studi implica una duplice conseguenza. Anzitutto dimostra che Fleischl non soltanto durante la cura non aveva abbandonato l’utilizzo della morfina, ma era giunto a iniettarsi anche la cocaina, sostanza da cui, secondo alcune confidenze personali, era diventato dipendente. In secondo luogo Freud sembra estendere il proprio interesse a questa nuova modalità di utilizzo della cocaina, molto più potente e aggressiva di quella precedentemente considerata, nonostante una fase di esitazione iniziale.
L’utilizzo combinato di eroina e cocaina, due sostanze dall’effetto opposto (la prima rilassante, la seconda stimolante) presenta un effetto particolarmente euforizzante su Fleischl, ma al contempo implica pericoli elevati per l’organismo oltre ad accrescere notevolmente il rischio di divenirne dipendenti.
Inoltre il professore, come in ogni altro caso di tossicodipendenza, si vede costretto ad innalzare sempre di più il quantitativo di sostanza utilizzata al fine di ottenere l’effetto desiderato per via dell’assuefazione operata dal corpo. Considerati i quantitativi di cocaina utilizzati nel corso dei mesi e le ingenti spese cui Fleischl deve far fronte per procurarsi questa sostanza è ormai chiaro che il professore abbia assunto una nuova dipendenza che, seppur l’abbia liberato da precedenti difficoltà dettate dal dolore provato per i neuromi e l’uso inibente della morfina, ha indotto in lui l’impossibilità di fare a meno di questa nuova droga.
Freud decide però di continuare a negare fermamente in ogni articolo successivamente pubblicato che la cocaina possa causare dipendenza, sostenendo al contrario che nel corso del tempo il paziente da lui preso in analisi abbia pian piano provato repulsione verso questo farmaco.
Nel frattempo la condizione psichica di Fleischl non fa che peggiorare, costringendo i suoi più cari amici Breuer, Exner e Freud a vegliare su di lui giorno e notte. Lo stesso Freud si vede costretto a fare uso di cocaina per restare sveglio tutta la notte e assolvere ai vari bisogni dell’amico in difficoltà.
La lucidità del professore è sempre più messa a repentaglio ed egli arriva a sviluppare delle allucinazioni consistenti nella percezione di insetti e serpenti che camminano sulla propria pelle, allucinazioni tipiche della dipendenza e abuso di cocaina al tempo però sconosciute. Freud infatti non sapendo che questo tipo di delirio possa esser causato dall’uso della cocaina ritiene che si tratti di una forma di delirium tremens.
Il medico viennese non vuole per nessuna ragione riconoscere la pericolosità della sostanza che ha ampiamente sponsorizzato, rispondendo fermamente alle accuse mosse a suo danno da Albrecht Erlenmeyer, uno specialista di dipendenze da morfina che ha a sua volta testato sui suoi pazienti la cura descritta da Freud ottenendo risultati disastrosi. Il dottor Erlenmeyer sostiene infatti che nessuno dei suoi pazienti abbia ottenuto alcun miglioramento attraverso l’utilizzo di cocaina, ma anzi all’opposto essi hanno sviluppato una nuova dipendenza. I toni di Erlenmeyer sono così duri al punto di accusare Freud di aver introdotto una nuova dannosissima dipendenza in Europa, quella da cocaina, che va a sommarsi con quella da alcol e morfina.
Il medico viennese tenta di giustificare il fallimentare esperimento condotto da Erlenmeyer accusandolo di non aver seguito adeguatamente le istruzioni riguardanti le modalità di assunzione della sostanza descritte nel saggio Uber Coca, che sarebbe dovuta avvenire per via orale e non sottocutanea, dimenticandosi però di aver a sua volta scritto articoli successivi contradditori a riguardo nel corso degli anni.
Nel frattempo la situazione di Fleischl non sembra migliorare con il passare del tempo, ma all’opposto egli si ritrova sempre più estraniato dalla realtà fino al punto di vivere i suoi ultimi anni totalmente escluso dalla società.
Nel corso dell’ultimo anno della sua vita, in una lettera scritta dall’amico Breuer alla fidanzata di Fleischl, Breuer sostiene che il professore abbia sostituito alla morfina l’idrato di cloralio con l’obiettivo di contrastare i dolori, ma in questo modo egli non avrebbe migliorato in particolar modo la sua situazione. Egli infatti utilizzando questa nuova sostanza persiste nel vivere in uno stato di perenne assenza di coscienza di sé e degli altri, dimenticando ogni dolore o ragione di infelicità fino all’interruzione di ogni effetto, momento in cui piomba in una profonda desolazione dovuta ai postumi.
Ernst Fleischl von Marxow morì il 22 ottobre 1891 a Vienna. Soltanto la morte riuscì definitivamente a liberarlo da ogni sofferenza fisica provata nel corso di tutta la sua vita.
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