Il nuovo fascismo ha radici profonde nell’animo umano. Capirlo e superarlo potrebbe salvare tutti noi.

Folklore nero, mi piacerebbe chiamare così questo nuovo fascismo in crescita nel nostro Paese. Uno spettro che aleggia su di noi e che mi riporta alla mente due recenti film dal messaggio acutamente reale: Lui è tornato, una commedia tedesca di David Wnendt sul ritorno di Adolf Hitler dopo 70 anni di ibernazione, che dietro alla leggerezza e alla fantasia nasconde una cruda verità, e il più serio The Eichmann Show, di Paul Andrew Williams sulla cattura di Adolf Eichmann, responsabile dei treni per i campi di sterminio, che, con toni più fedeli alla storia, riprende gli stessi argomenti.

 

Il nazismo e, analogamente per il nostro paese, il fascismo, non sono solo costruzioni politiche che hanno rovinato vent’anni e più del Novecento: essi sono una parte di noi, sono la degenerazione del nostro egoismo personale e della nostra diffidenza. Ora però, nel 2017, sappiamo che ogni forma di odio verso l’altro – che non sia quel naturale disprezzo mattutino prima del caffè – se trasformato in politica può provocare pagine scabrose di Storia che preferiremmo sempre saltare. Pagine che però oggi risulta ancora più necessario leggere dal momento che il fascismo è tornato attuale. Non propriamente quello politico e ortodosso del ventennio, ma un folklore fascista, ancora confinato al regno delle opinioni ma che potrebbe evolversi rapidamente.

 

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Lui è tornato è il film che scherza sul tabù Hitler

 

Che il fascismo sia legato a sentimenti inconfessabili comuni all’animo di molti, basta osservare molti nostri concittadini per capirlo. Ieri mattina, nel bar dove lavoro, una signora si chiedeva cosa potesse fare di un biglietto dell’autobus che non avrebbe avuto modo di utilizzare. Un incauto cliente le ha consigliato: “Se vuole fare una bella cosa, lo regali al primo extracomunitario che incontra. A loro serve sempre”. La signora, che per poco non ha rigurgitato il caffè sul bancone, ha spolverato la sua faccia peggiore prima di sbottare: “Piuttosto lo regalo a un italiano”. Il volto corrucciato, gli occhi che si stringono a fessura e le labbra che sputano fiammelle di fuoco, sono tutti segnali che quel disprezzo per l’altro ha radici profonde, che travalicano le esperienze politiche di Hitler e Mussolini.

 

La signora lo sfoga sugli extracomunitari, qualcun altro sulle donne, qualcun altro ancora, che veicola le emozioni col cervello, riesce a ridurlo a un minimo pensiero che rimbomba in lontananza. Eppure c’è, che lo si voglia o no. È qui che si snoda la questione, è qui il passaggio fondamentale:

 

«Il fascismo, nella sua forma più pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano medio […] L’intensità e la vasta diffusione di questi “pregiudizi razziali” sono la prova che essi affondano le loro radici nella parte irrazionale del carattere umano. La teoria della razza non è una creazione del fascismo. Al contrario: il fascismo è una creazione dell’odio razziale e la sua espressione politicamente organizzata»

 

scriveva Wilhelm Reich nel suo famoso libro Psicologia di Massa del Fascismo del 1933, che avrebbe influenzato pensatori come Fromm e Adorno.

 

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Wilhelm Reich ha scritto pagine importanti sul fascismo

 

Il folklore nero, quello che fa dire a troppe persone “Ah ma quando c’era lui…”, non nasce dalle pagine di bufale di Facebook, ma da una radice oscura, profonda che tutti possiamo avere. Taluni lo sfogano con gli slogan, tal altri con la violenza. Questi ultimi destano maggiore preoccupazione, perché se è vero che le parole fanno male, è anche vero che senza manganelli Mussolini difficilmente avrebbe impresso il suo nome nella storia. Così, a molti che con leggerezza sfoggiano slogan senza riflettere poi tanto sul significato, ne corrispondono pochi che, forse per incapacità oratoria, preferiscono passare direttamente alle mani. Non parlo soltanto di scontri di piazza, ma della più subdola violenza istituzionale implicita in molte azioni politiche che seguono in un certo modo quel “disprezzo dell’altro” tanto caro alla pancia dell’elettorato.

 

Casa Pound e Forza Nuova rappresentano quest’aspetto degenerativo del folklore fascista, questa eco politica, che non riesce a limitarsi ad una colorita nostalgia. Così, in un clima politico che sembra esser più una parodia, abbiamo lo stabilimento balneare di Chioggia, l’ultima trovata che il folklore fascista ha portato ai doveri della cronaca. Eppure, sebbene possa sembrare anacronistico, una spiaggia che inneggi ai valori fascisti con tanto di falsi storici, non si discosta molto da quella lunga tradizione fatta di mezzi busti e visite guidate alla tomba di Mussolini a Predappio: insomma, saranno pure fascisti, ma sono fascisti che poco preoccupano, proprio perché limitano a queste pagliacciate il loro credo politico. Il problema, dando per scontato che non sia un problema avere il calendario del Duce appeso in cucina, inizia a presentarsi quando, come ho detto prima, le circostanze si fanno un poco più serie: il problema inizia ad esserci quando il folklore contamina la realtà, quando, insomma, ad un’idea malsana corrisponde un’azione altrettanto malsana.

 

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Rappresentanti di Casa Pound

 

Capita così quindi, che si possa creare, in nome di un’ideologia che la storia ha seppellito nel 1945 – se non prima – un gruppo politico chiamato Generazione Identitaria e, con questo nome ben esposto, si raccolgano 70,000 euro per affittare una nave che cominci una guerra personale contro i migranti: costoro, vagando per il Mediterraneo a caccia di barconi, purtroppo non riesco a confinarli nel folklore, per quanto la loro impresa appaia più simile ancora a quella di Donchisciotte – palesemente ubriaco – piuttosto che alla marcia su Roma. Un’impresa che ha condotto equipaggio, capitano e armatore ad essere arrestati l’altro giorno a Cipro per “traffico di esseri umani” (ma la vicenda non è ancora stata chiarita). Però, questi piccoli focolai, stanno tutti spingendo verso il centro, stanno tutti cercando di convergere verso un punto x, insomma, stanno tutti aspettando il momento di trasformare piccole scintille in una grande colata di lava.

 

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La nave di Generazione Identitaria

 

Il fatto che tutto nasca da una parte, oscura e recondita, della nostra natura umana, non basta ad assolvere i crimini né a confondere gli innocenti coi criminali. Eppure, tanto è difficile che un innocente redima un criminale, tanto è più facile che il secondo arruoli il primo, specialmente se, alla base, c’è una sorta di affinità emotiva. Ecco, allora, che la tanto bistrattata politica, torna a fare il suo gioco fondamentale: amministrare la società civile, veicolare gli istinti di ogni singolo uomo e far sì che essi non si trasformino in un movimento collettivo (nocivo, se non distruttivo). Gli anni ’70 furono un periodo buio e cupo della nostra storia, sia a destra che a sinistra: le bombe, le risse di piazza, i sequestri e i morti ammazzati, che però si accompagnarono a una coscienza politica, a una ideologia che veicolava l’odio e lo incanalava su binari che, per quanto tortuosi, si pensava di sapere dove portassero.

 

Oggi, tutto questo non accade, perché la rabbia prevale e non lascia spazio a nessuna interpretazione mancando la fiducia in una politica che possa cambiare le cose. Latita persino l’educazione all’impegno civico e la stessa istruzione affronta un lento declino nel quale personaggi come Berlusconi – per dirne uno adatto a tutte le situazioni – hanno saputo trovare una dimensione in cui, abbassando il livello culturale, si possa vendere meglio la sfrenata ricerca del disinteresse. Allora sì, che in un mondo che sempre meno usa la propria coscienza per scopi collettivi, trovano posto le proteste neofasciste all’inaugurazione del Parco Falcone-Borsellino di Latina. Perché il folklore, quello della pancia della gente comune, è diventato il linguaggio della politica e, a sua volta, la politica ha sfruttato quel folklore, più immediato e più convincente di ogni struttura filosofica.

 

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Personaggi come Berlusconi hanno contribuito all’ignoranza del paese

 

Si spiega in questi termini, ad esempio, il perché venti di terrore spirino da destra piuttosto che da sinistra: la sinistra novecentesca, anche la più rivoluzionaria, ha sempre gettato le proprie basi sull’elemento culturale. La destra sociale, non quella liberale, invece, e la premessa aiuta, si è sempre nutrita dell’odio insito nel genere umano, un odio mai rivoluzionario, sempre reazionario e individualistico nel quale il concetto di convivenza somiglia, più che altro, a un piatto indigesto imposto dai governi. Gli episodi di violenza verbale che circondano la figura di Laura Boldrini sono legati proprio a tale sensibilità, alla percezione dell’integrazione non come un passo necessario a qualunque società multiculturale ma come un’imposizione ‘buonista’ da parte del gotha intellettuale di sinistra.

 

Assecondare questi sentimenti diventa ancora più facile oggi, potendo fruire di un numero infinito di informazioni spesso contraddittorie, senza mediatori culturali capaci di interpretarle, e nella più totale relativizzazione del valore intrinseco alle diverse opinioni. Sarà sempre più facile sentir dire “ha fatto bene” in merito a circostanze nelle quali non il nostro istinto, ma la nostra educazione dovrebbe farci sostenere il contrario. Tutti gli episodi di violenza ormai spaccano a metà l’opinione pubblica che in nome della libertà di poter dire quello che vuole, non lavora di razionalità, limitandosi, magari in 140 caratteri, a far parlare la pancia. Una degenerazione culturale che la politica non sembra interessata a combattere ma che anzi tenta di cavalcare a proprio beneficio, scherzando con un fuoco che già altre volte nella storia ha finito per incendiare il mondo. Come diceva qualcuno più saggio di me, della banalità del male.

 

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