"Benvenuti nel primo posto sotto il cielo".

Io e F abbiamo deciso di andare a Huaxi, il villaggio più ricco della Cina. F è il mio compagno di viaggio, uno che la sa lunga, sa cosa vuol dire viaggiare.

 

Prendiamo il bus per Huaxi.

Dopo qualche minuto un vecchio inizia a parlarmi in una lingua che è un misto di inglese, cinese e linguaggio da circo.

In un’altra occasione gli avrei dato spago, ma ora no, voglio solo arrivare alla meta rilassandomi per il resto del viaggio. Accenno qualche sorriso ed eludo i suoi gesti da mimo in pensione.

Fuori il paesaggio scorre come in un vecchio film. Immagini di campagna e solitudine sfarfallano davanti ai miei occhi così veloci da non darmi modo di mettere bene a fuoco niente.

 

Dopo circa un’ora siamo arrivati.

Scendo dal bus e vedo un’enorme recinzione delimitare la città.

“Ma che cazz…” esclamo.

“Che tristezza…vivono come delle scimmie”.

“Già”.

Non ci scoraggiamo ed entriamo.

Raggiunta la piazza principale veniamo assaliti da uno stormo di stalker del trasporto. Tassisti imbizzarriti si affiancano a noi uno dopo l’altro abbassando il finestrino.

Do you want to go around the city?” ci chiedono tante voci a ripetizione.

“No, no” rispondiamo.

Do you want to go around the city?”.

“No, no”.

Do you want to go around the city?”.

“Basta, via, sciò. Scappiamo” urla F.

 

Iniziamo a correre come dei forsennati. Mi giro e vedo che li abbiamo seminati.

Camminando noto che a Huaxi le case sono tutte uguali: villette a schiera di circa 400mq, ognuna con il proprio giardino, molte con piscina. Cadillac, Mercedes, BMW e Audi scintillano come trofei.

È una cittadina di circa 400 famiglie. Tutti gli abitanti percepiscono 100mila euro annui, sia l’operaio che lavora nell’altoforno che l’avvocato o il banchiere. E’ l’emblema massimo del comunismo cinese.

 

Qui si è ricchi per legge. E proprio la legge vincola i cittadini a rispettare delle regole.

Gli abitanti del villaggio si possono sposare solo tra loro, se uno dovesse sposare un forestiero, improvvisamente perderebbe tutti i diritti acquisiti dalla nascita.

Gli abitanti del villaggio possono lasciare Huaxi solo per turismo, se lo lasciassero per andare a lavorare in un’altra città, anche cinese, perderebbero tutti i diritti acquisiti dalla nascita, e non possono neanche licenziarsi perché perderebbero ugualmente tutti i diritti.

 

Nessuno può ottenere questa ambita cittadinanza. L’unico modo possibile è comprandola a cifre esorbitanti vicine ai 250mila dollari. Cifra che può sembrare irrisoria visti tutti i benefici che porta questa cittadinanza dorata. Ti garantisce di vivere in una botte di ferro, però più mi addentro nel villaggio e più tutto mi sembra immobile. C’è una staticità statuaria.

 

“Benvenuti nel primo posto sotto il cielo”.

 

Entriamo in un ristorante e chiediamo il menù. Il cameriere e i proprietari, ovviamente, non sanno una parola d’inglese.

Ordiniamo dei noodles che dalla foto sembrano deliziosi.

Dopo circa mezzora arrivano ancora fumanti.

Li guardo e non sembrano avere proprio un bell’aspetto: dei pezzi di carne surgelata navigano in un brodo poco rassicurante.

“Questi sono letali” dico a F.

“Aspetta a dirlo. Lo sai com’è la Cina, spesso le cose più brutte a vedersi sono le migliori”.

“…”.

F mangia un boccone assaporandolo con tutta la calma del mondo.

“Come sono?”.

“Il cibo più tremendo della Cina nel villaggio più ricco della Cina”.

“È un paradosso!”.

“Però è la triste realtà”.

Li assaggio e sono effettivamente tremendi. Decidiamo di non finirli e di mangiare un gelato confezionato.

“Lo sai cosa c’è scritto lassù?” chiedo a F indicando un cartello.

“No, cosa?”.

“Benvenuti nel primo posto sotto il cielo”.

“Non ci credo”.

“Secondo te mi invento una cosa del genere?”.

“No, no, ma è troppo assurdo per essere vero”

“Lo lessi su un giornale tempo fa”.

“Sono davvero pazzi”.

“Già”.

 

Huaxi-villaggio-piu-ricco-della-Cina

Le case di Huaxi sono fatte con lo stampino

 

Nel 1950 i contadini dello Yangtze nel Jiangsu raccolsero segretamente i risparmi di tutta la comunità ed aprirono una fabbrica di concime per fare soldi. La missione ha funzionato.

Huaxi è tinto di grigio. Il tempo sembra non trascorrere mai, la gente ci saluta e sorride pensando di vivere in un vero e proprio sogno, ma non si rendono conto di essere parte del peggiore degli incubi: l’emblema del comunismo ma anche la sua morte.

 

La sanità e l’istruzione sono gratuite. Sembra una vera e propria terra promessa del socialismo cinese in cui gli abitanti hanno tutto tranne la libertà.

Continuiamo a camminare fino al Parco del mondo. Notiamo che ci sono alcuni tra i monumenti più importanti del pianeta: la Grande Muraglia Cinese, la Città Proibita, l’Arco di Trionfo, la Torre Eiffel, il Big Ben e il Colosseo.

Gli abitanti lavorano sette giorni su sette. Non hanno tempo per viaggiare ed ecco che appaiono copie minuziose delle bellezze del mondo. Copie che attirando turisti, soprattutto cinesi, che vagano per le strade come ammaliati da tanta falsità.

 

Huaxi-villaggio-piu-ricco-della-cina

Hotel Internacional Longxi, Huaxi

 

Huaxi sembra una un villaggio laboratorio, e gli abitanti cavie, o animali su cui testare le idee più stravaganti.

Camminando per le strade ho l’impressione di essere un novello Truman Burbank all’interno del Huaxi Show.

Sapere che nei villaggi vicini gli operai lavorano nelle fornaci o nelle catene di montaggio per soli 350 euro mi addolora molto, ma non posso farci niente, questo è l’ordine delle cose, triste ma difficile da cambiare.

 

Decidiamo di andarcene perché il nostro interesse sta scemando sempre di più.

Usciti dalla recinzione, vediamo che ce n’è un’altra di fronte a noi, dall’altra parte della strada.

La nostra curiosità viene nuovamente catturata e ci dirigiamo verso una sbarra simile a quelle dei caselli autostradali.

 

Un vigilante ci guarda e appena arriviamo lì davanti ci viene incontro smanacciando per farci capire che non possiamo proseguire.

Capisco; questa zona di Huaxi non è visitabile. Rimango allibito. Esseri umani che vivono dentro una vera prigione, come chiamare altrimenti una recinzione con all’interno una bolla di benessere illusorio dato da 100mila euro l’anno.

“Scimmie. Non siete altro che scimmie ammaestrate. Uh, uh, ah, ah” urla F.

Ce ne andiamo tristi e sconsolati.

 

Durante il viaggio di ritorno ripenso a ciò che abbiamo visto, e capisco che fa male, ma che è indispensabile per poter capire meglio l’uomo, ma anche per capire me stesso, le mie reazioni davanti a qualcosa di incomprensibile e le mie emozioni di moderno antropologo a contatto con una realtà che sa quasi di fantascienza.

 

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