Ecco la nostra classifica dei migliori album 2016, tra perdite illustri e piacevoli sorprese.

Prima di dare spazio alla classifica dei migliori album 2016 è doverosa una piccola intro. Si sa, a tutti piace tirare le somme al termine dell’anno e mai come oggi la cosa è necessaria. Un’annata particolare, l’annata che ha decretato definitivamente l’inizio di una nuova epoca. Musicalmente parlando, possiamo dire di trovarci di fronte allo 0 d.B.

 

Il 2016 è stato un anno tragico per la musica e non solo. E’ stato l’anno in cui abbiamo perso David Bowie, Alan Vega, Leonard Cohen, Prince, Keith Emerson e molti altri. Neanche il Natale è stato tranquillo, con la morte di George Michael (ironia della sorte proprio l’interprete di Last Christmas con i suoi Wham!).

 

Proprio queste morti illustri liberano la strada che porta al famoso anno zero. Infatti ci troviamo di fronte ad un anno in cui il modo di fare musica sembra aver intrapreso una via definitiva, crescendo come non mai in questi primi 2000. Quasi come se questi 16 anni fossero stati una preparazione per quello che ci attende, plasmando gli stili, formando personalità. E’ il caso di gran parte della musica odierna, dove generi come l’indie ed il rock elettronico (di matrice post punk e new wave) risultano più maturi e meno scontati. Lo stucchevole gioco del revival acquisisce finalmente una propria personalità, e nell’intravedere le fonti di ispirazione (che spaziano dai 60’s ai 90’s) dei vari gruppi si può notare come le vie della modernità siano aperte al connubio con il passato senza perdersi nel copia e incolla citazionale.

 

Pure la black music, che in questo 2016 l’ha fatta da padrone, sembra essere arrivata a buoni livelli dopo anni di prove, anni di rodaggio. Ma rimane solo un dubbio: si tratta di musica scritta per il momento o per rimanere nel futuro? Solo il tempo potrà dirci la verità.

 

Il livello medio si è alzato, e sono veramente molti gli album notevoli in questo 2016. Tanto che gli esclusi da questa lista sono un’esagerazione (Pj Harvey nonostante il suo bellissimo album, Suuns, Andy Shauf, Tim Hecker, i Tindersticks solo per citare alcuni nomi) rendendo il compito di stilare una classifica veramente ingrato.

 

Naturalmente ci sono anche alcune delusioni. Come il nuovo album dei Radiohead, che sembrano aver perso il loro smalto dopo i capolavori Kid A (2000) e Amnesiac (2001). In questi anni il livello della band britannica è sempre stato altissimo, ma con il nuovo A Moon Shaped Pool la luna dei Radiohead è veramente pallida. Simbolo di un gruppo che ormai ha smesso di influenzare trasformandosi in una copia di se stesso.

Sottotono anche Nick Cave con il suo Skeleton Tree. Il tema dell’album è di quelli dolenti, che danno un colpo al cuore, ma la resa in musica è meno riuscita.

Per quanto riguarda gli album italiani da segnalare i bellissimi Middle Aged Middle Ages (Song For Ulan), Plancton (Alessandro Fiori), Antico (Alfio Antico) e Persona Ep (Lorenzo Senni, all’esordio con la Warp Records).

 

Adesso sotto con la classifica.

Ps. – 0 d.B. sta per zero dopo Bowie.

 

 25) So Pitted – Neo

Sono sporchi, irritanti, rumorosi e prodotti dalla Sub Pop. La band capitanata da Nathan Rodriguez, con il suo noise di origine post hardcore, rappresenta sicuramente tutto ciò che nessuno vorrebbe vedere (o sentire) in una classifica di fine anno. Eppure Neo è la mezz’ora più adrenalinica del 2016.

 

 

24) Swans – The Glowing Man

Gli Swans tornano con la loro nuova apocalisse musicale, due ore che metteranno alla prova chiunque. Quella di Michael Gira & co. è una musica nichilista che ipnotizza, una vera e propria no-wave con squarci gotici di post-punk. Dal vivo sono una vera e propria esperienza.

 

 

23) Danny Brown – Atrocity Exhibition

Se intitoli il tuo album come un romanzo di J.G . Ballard e una canzone dei Joy Division devi avere le idee molto chiare. E dimostra proprio questo Danny Brown, con l’album hip-hop più punk dell’anno. Un susseguirsi continuo di invenzioni che ricorda quasi i più folli cLOUDDEAD.

 

 

22) The Caretaker – Everywhere at the end of time

Quella di Caretaker, alias James Leyland Kirby, è una delle più incredibili esperienze musicali dell’anno. Everywhere at the end of time
è la prima parte di un’opera monumentale (che dovrà dividersi in 6 volumi) che cerca di rappresentare la patologia della demenza, esplorando il decadimento cerebrale e della memoria. Un disco sull’importanza del ricordo, in un passato che viene rappresentato con nostalgia dalla musica tipica degli anni Venti e Trenta. In alcuni momenti vi sembrerà di trovarvi nella Gold Room di Shining.

 

 

21) Tyvek – Origin Of What

Il disco dall’etica più lo-fi dell’anno viene da un gruppo originario di Detroit, città/mostro dell’industria americana. Quello dei Tyvek è un garage punk senza fronzoli, che non da un attimo di pausa. Infantili come i Beat Happening ma nello stesso tempo ruvidi come nella migliore tradizione punk.

 

 

Continua a leggere a pagina 2.