Ecco la nostra classifica dei migliori album 2016, tra perdite illustri e piacevoli sorprese.

5) Car Seat Headrest – Teens Of Denial

Teens Of Denial è una delle grandi sorprese di questo 2016. Nel progetto che deriva dalla mente del geniale Will Toledo, l’alternative rock degli anni 90 la fa da padrone, trasportando i Pavement verso i più vicini Strokes. Così ecco nascere Joe, l’alter ego protagonista dell’album, nelle sue avventure da adolescente. Un album che riflette l’esperienze e le problematiche delle nuove generazioni, scovando in un angolo lontano dell’America una nuova voce capace di cantare il vissuto di migliaia di esistenze.

 

 

4) Kiran Leonard – Grapefruit

E’ poco più che ventenne Kiran Leonard, l’autore di uno dei dischi più esaltanti di questo 2016. Perchè, in questo rock che fa della componente sperimentale la sua forza, si legge una qualità decisamente importante quando si decide di fare arte: il coraggio. Grapefruit è un’opera dal coraggio e dall’energia splendenti, caratteristiche che ricordano un altro talento compianto degli anni 90. Jeff Buckley vi dice niente?

 

 

3) Autechre – Elseq 1-5

L’elettronica secondo gli Autechre. Queste sono le dimensioni che sembra assumere Elseq, vera e propria summa del duo britannico che ha scritto svariate volte la storia del genere. E lo fa di nuovo con un album monumentale (4 ore di durata), una vera e propria enciclopedia dell’elettronica dove Rob Brown e Sean Booth toccano le vette della loro carriera e di ogni variante del genere (dall’idm all’ambient, sino ad arrivare alla techno). Immensi.

 

 

2) Roy Montgomery – R M H Q Headquarters

Ma i lavori monumentali del 2016 sono due. Perchè Roy Montgomery esce con questo R M H Q Headquarters, cogliendo tutti di sorpresa. Il chitarrista neozelandese, protagonista di capolavori come This Is Not A Dream dei Dadamah e di Well Oiled degli Hash Jar Tempo (nonchè autore da solista di due classici come Temple IV e And Now the Rain Sounds Like Life Is Falling Down Through It) interrompe improvvisamente il suo silenzio che durava dal 2012 con un album capolavoro. Stesso concetto degli Autechre, ovvero quello dell’opera summa, dell’opera monumento. Perchè questo R M H Q Headquarters avanza nei virtuosismi di Roy per quasi 3 ore, riassumendo le atmosfere dream-noise di un’artista unico ed imprescindìbile, quello che probabilmente è il miglior chitarrista degli ultimi 20 anni.

 

 

1) Fat White Family – Songs For Our Mothers

In un 2016 tragico, dove la storia si è piegata su se stessa facendoci sbattere improvvisamente contro il muro della realtà (ricordiamoci che non ci sono solo le morti dei nostri artisti preferiti ma anche fatti come quello di Aleppo) questo Songs For Our Mothers diviene essenziale. Hardcore nei testi ma non nella musica (quella un folle calderone che usa con sapienza l’ironia) i Fat White Family nelle loro inquietanti provocazioni ci ricordano proprio di fare i conti con la storia (anche se la nostra). Un album disturbante, fastidioso, magari non proprio il migliore. Ma il più necessario.

 

 

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