Hanno visto la nascita del punk e non solo. Sono gli anni 70, e vi presentiamo la loro parte più oscura.

 

2- Not Available (1978) Residents

 

1978. Ci sono i punk, sta per arrivare la new wave. Appartengono quasi al passato il krautrock, il glam rock e molto altro ancora. Ma a cosa importano i generi? Solo futili classificazioni, limitazioni imposte dal linguaggio. Così ecco arrivare delle presenze oscure a ribadire questo concetto. Sono quattro, e indossano il frac mascherandosi continuamente con degli enormi bulbi oculari a coprire il volto, fuggendo così dal mainstream con la negazione della loro immagine (altra cosa futile come i generi quando si fa grande musica?). Questi sono i Residents, lo scherzo artistico che distrugge ogni preconcetto musicale, portandolo al limite della destrutturazione e del gioco. Ma quello dei Residents non era solo un gioco. A partire dal loro esordio, dove giocavano con la copertina a sfregiare alcune divinità musicali (il nome Beatles vi dice niente?) era chiaro il loro intento. Niente conta più del genio. Un’ennesima dimostrazione di questo sfregio musicale, probabilmente il più grande affronto di sempre fatto alle leggi del suono, c’è pure nella cover di (I Can’t Get No) Satisfaction contenuta nell’lp Third Reich’n roll. Un vero e proprio smascheramento degli idoli della folla chiamati Rolling Stones: non dovrebbero suonare così i veri ribelli?

Ma con Not Available (non disponibile, il disco difatti fu composto nel 1974 e pare che non fosse destinato al mercato inizialmente) i Residents sembrano fare sul serio per la prima volta. Abbandonate le parodie (ma non un certo gusto verso l’ironia) il gruppo del bulbo si concentra prevalentemente sulla musica. E che musica. The Making Of A soul con i suoi cori fantasmagorici è la canzone che in molti avrebbero voluto comporre, e da sola vale l’ascolto dell’album. I Residents creano la propria dimensione alternativa dove ci si perde immediatamente, una sorta di rivisitazione moderna della musica classica senza precedenti (solo Philip Glass ha osato tanto con le sue opere in quel periodo). Così ecco che tutto va a farsi fottere, non esistono generi, classificazioni, non esistono immagini. Solo i Residents ed il loro suono. E scusate se è poco.

 

 

1- Suicide (1977) Suicide

 

Probabilmente la mezz’ora più catartica della storia della musica. Un ascolto scioccante, che mozza il fiato. Suicide è questo e molto altro. Una scheggia che abbaglia con la sua grandezza e attraversa con furore le sensazioni uditive.

New York, Alan Vega e Martin Rev. Le due anime del gruppo, l’anima della città.

Un’anima che ha perso sentimento, accerchiata dalla nevrosi, dalla frenesia che offusca tutto. Frenesia come velocità, quella che fa capolino in ogni minuto dell’album, anche quando non necessaria. Come in Frankie Teardrop, l’urlo finale dell’uomo moderno, l’inferno interno ed esterno del mondo.

Rockabilly si fonde continuamente con l’elettronica ed il risultato è un’esplosione musicale senza precedenti. Dopo Suicide nient’altro. Questo sembra fuoriuscire dall’album. Ma invece sembra esserci altro.

C’è un battito, un battito continuo che attraversa tutto il disco. È il battito di quell’anima che sembra essersi smarrita, ma che continua a pulsare. A pulsare come le luci di New York, come un cuore gigantesco che pompa luce nell’oscurità. È il battito della vita nella morte, e poteva essere espresso solo da questa band straordinaria.

 

 

Se questo articolo ti è piaciuto leggi anche i capolavori perduti degli anni 80 e degli anni 90.