Ash Ketchum è tornato dal nostro passato.

Non so proprio cosa pretendere da un mondo in cui gli adulti vagano per le città in cerca di Pokémon”. 

 

Lo ha scritto una mia conoscente su Facebook all’indomani dell’uscita di Pokémon Go, il primo gioco per smartphone dedicato ai Pokémon. A leggere quella frase mi sono vergognato un po’, visto che lo avevo scaricato anch’io da una manciata di ore (e ne avevo già presi cinque).
La tentazione per i nati a ridosso di quel magico 1996, anno di avvento dei mostri-portatili, è stata irresistibile: un sogno che si realizza. Ritrovarsi a catturare uno Squirtle in casa, con una pokéball, grazie alla realtà aumentata, sapere che il mondo reale è disseminato di creature che aspettano solo di essere catturate, ma anche di palestre dove sfidare i propri amici e pokéstop localizzati nei luoghi significativi della tua città. Diamo ufficialmente il bentornato all’Ash Ketchum che risiede in tutti noi, sepolto da strati di maturità attraverso i quali il personaggio giapponese si è fatto breccia.

 

Non solo Nintendo

A pochi giorni dall’uscita di Pokémon Go le azioni di Nintendo sono aumentate del 10%, nonostante l’azienda di videogiochi e di console giapponese sia solo indirettamente coinvolta nella produzione del gioco. I principali responsabili della nuova diavoleria sono Game Freak e Niantic. La prima è l’ormai celebre casa produttrice dei videogiochi Pokémon per Game Boy, la seconda invece è un’azienda di programmazione e produzione di applicazioni e piattaforme digitali già specializzata dalla sua nascita (2012) nella realtà aumentata, grazie a Endgame e Ingress. La vera svolta per Niantic però è arrivata nel settembre del 2015 quando è stato annunciato l’imminente arrivo di Pokémon Go, accompagnato da un hype pazzesco e impossibile da non notare.
Qualche mese più tardi ad unirsi alla già importante schiera di finanziatori (Nintendo e The Pokémon Company) è arrivata anche Google, per un totale di 30 milioni di dollari tutti finalizzati allo sviluppo di Pokémon Go.

 

 

6 luglio, una data che ci perseguiterà?

Si è arrivati poi al lancio del videogame, avvenuto il 6 luglio. In Italia è per ora disponibile una versione APK scaricabile da siti esterni dal Play Store, alcuni di questi infarciti di malware. Le nostre bacheche social sono state invase in poche ore da entusiasti commenti e immagini che ritraevano pokémon in cucina, in bagno, per le strade. La mazzata finale alla scarsa concentrazione da sessione estiva per gli studenti universitari, la generazione target per cui Pokémon Go sembra essere stato costruito.

 

Il gioco, a differenza di ogni altro videogame, ti invita ad uscire di casa. I pokémon e gli altri allenatori come te sono là fuori e in casa propria si può giusto catturare quei due o tre mostri per iniziare. La schermata principale ritrae il nostro avatar (personalizzabile in abbigliamento, carnagione e capigliatura) posizionato nell’esatta posizione in cui ci troviamo, nel mondo reale. Probabilmente è questa la cosa più sorprendente: l’aver saputo portare davvero i pokèmon nel mondo reale. O forse, sarebbe meglio dire il contrario, portare il mondo reale in quello virtuale dei pokémon, grazie soprattutto all’aiuto di Google e del servizio Maps.

 

La scelta decisiva ora spetta al giocatore, a noi. Restare nella parte reale di mondo o immergersi completamente in quella virtuale?

 

Come farsi male con i Pokémon

Il rischio principale di Pokémon Go per la salute dei giocatori è intuibile dal suo funzionamento: se guardo lo smartphone non guardo il mondo che mi circonda e finché sono in casa ciò non rappresenta un problema. Se però il gioco mi invita ad uscire di casa le cadute in bici, o peggio gli incidenti stradali potrebbero essere dietro l’angolo. Tra le schermate di apertura dell’applicazione c’è anche quella che ritrae un Gyarados in procinto di mangiarsi il giocatore. Sotto campeggia la frase di avvertimento: “Quando giochi fai sempre attenzione all’ambiente che ti circonda”.
Ma perché dovremmo essere più incollati allo smartphone di quanto lo siamo adesso? La risposta è sempre la stessa: i pokémon sono là fuori. Andare avanti nel gioco passa inevitabilmente dall’esplorazione e fin tanto che ci limiteremo a pescare Magikarp dentro la nostra birra al pub saremo ancora al sicuro da incidenti dovuti alla distrazione. Ma quando sfrecceremo a grande velocità per le vie della nostra città per aggiungere un tassello al nostro pokedex, allora sì, faremo male a noi e agli altri.

 

 
Altro tema interessante: un giorno potremmo stancarci della realtà non aumentata, quella che vediamo con il solo ausilio dei nostri occhi. Possiamo aspettarci che lo smartphone diventi il filtro definitivo con cui guardare il mondo? Probabilmente sì, soprattutto quando altre aziende decideranno di applicare la tecnologia della realtà aumentata ai loro servizi. Lo smartphone sarà sempre di più un prolungamento del nostro braccio, ma anche del nostro occhio. Insieme all’avvento della realtà virtuale il dato manifesto proveniente dall’ambiente esterno sarà totalmente rivoluzionato e arricchito, aumentato, appunto, da dispositivi dai quali non sapremo più staccarci. Pokémon Go è, in questo senso, il preludio ad un futuro degno della sceneggiatura di un episodio di Black Mirror.

 

pokémon go

Bentornato Ash

 

 

Ma i produttori come ci guadagnano?

Il successo di Pokémon Go verrà presto misurato anche in relazione agli enormi profitti: soltanto negli USA qualcuno ha previsto un guadagno medio di 1,6 milioni di dollari, al giorno. Come per moltissimi altri giochi per smartphone, anche Pokémon Go prevede la possibilità di acquistare oggetti e strumenti che facilitano il completamento degli obiettivi. Dal menù principale si può accedere ad uno shop nel quale poter acquistare monete d’oro necessarie per acquisire pokéball, dispositivi di aromatizzazione (necessari per attrarre i pokémon selvaggi), eccetera. Presto uscirà anche un braccialetto da poter collegare attraverso Bluetooth al proprio smartphone per aumentare l’esperienza di gioco. Ma chissà quante altre cose si potranno portare sul mercato da associare a Pokémon Go.

 

Dite addio alla vostra batteria

Uno dei problemi che si incontrano nel giocare a Pokémon Go riguarda il consumo della batteria del proprio dispositivo: la piattaforma richiede infatti l’accesso costante alla propria posizione GPS, già di per sé un elemento succhia-carica. Ma anche l’applicazione in sé richiede allo smartphone non poca memoria e la combinazione fa sì che la durata della batteria ne esca davvero ridimensionata. Questo è anche uno dei motivi per cui la valutazione della app sugli store ufficiali non è andata, almeno per ora, oltre i 3,5 punti sui 5 totali. A pesare sulla valutazione ci sono anche diversi bug ancora non risolti, la lentezza dei server nei processi di download, ma anche l’insoddisfazione di qualcuno che semplicemente non trova pokémon in giro.

 

Il futuro dunque passa dai pokémon, proprio quando la generazione travolta dal fenomeno degli anni ‘90 pensava di esserseli lasciati definitivamente alle spalle. Le implicazioni comportamentali di Pokémon Go saranno certamente oggetto di indagine non solo tra i media appassionati di videogame, ma anche per chi indaga i fenomeni sociali. Pokémon Go, a meno di clamorosi flop, cambierà il modo di interagire delle persone, le motivazioni che le trascinano fuori da casa. Sancirà probabilmente l’inizio dell’era virtuale e aumentata, quella dove gli stimoli che abbiamo conosciuto fino a questo momento non ci basteranno più. Gotta catch’em all.