La stampa occidentale demonizza la figura di Vladimir Putin, facendone l'anticristo.

Nella Bibbia Giovanni lo ha spiegato senza mezzi termini: “Si sono sparsi nel mondo molti falsi maestri, i quali non vogliono riconoscere che Gesù è venuto come vero uomo. Questi falsi maestri, sono proprio loro il seduttore e l’anticristo”. Indubbiamente una tale descrizione calza a pennello al nemico di sempre, arroccato sugli Urali in attesa di venire a razziare la sempreverde Europa, così come a tanti altri capi di stato contemporanei che non sono meno degni della carica onorifica di anticristo o seduttore. Invece di speculare oltremodo sui canoni ecclesiastici che fanno di un uomo l’anticristo per eccellenza, sposterei l’attenzione su un quesito dal sapore meno escatologico, ovvero: Vladimir Putin è veramente il nemico dei popoli liberi come lo ritraggono i media occidentali o si tratta del solito paradigma della ben oliata macchina del fango?

Che il presidente della Federazione Russa non sia uno stinco di santo lo dimostrano chiaramente innumerevoli avvenimenti occorsi nel paese, non ultimo l’omicidio di Boris Nemtsov che taluni etichettano come politico, e il suo background di agente del KGB al servizio della STASI in Germania Est. Divenuto membro di spicco di Russia Unita dopo l’uscita di scena di Boris Eltsin, Putin si è affermato come la figura carismatica del panorama politico russo di cui oggi tira le fila come un abile burattinaio. Controllo dei media, repressione più o meno velata della dissidenza e culto della personalità sono alcune delle sue attività quotidiane e le principali ragioni che ne fanno uno degli antieroi più celebri della stampa occidentale. Ma il diritto all’informazione dei cittadini non è l’unico fine di vignette satiriche, ipotesi di reato e dissacrazioni assortite; se decidessimo di condurre uno studio lessico-metrico in cui le testate nordamericane ed europee sono rappresentate equamente, scopriremmo che nella maggior parte degli articoli il lemma “Putin” è correlato a vocaboli dalla connotazione negativa. Questo tipo di associazione indotta, perpetrata nel lungo periodo, elicita nel lettore una reazione precisa, nella fattispecie una forte avversione nei confronti di chi minaccia i valori su cui la nostra società è stata fondata. E più forte è l’avversione dell’opinione pubblica nei confronti del primo cittadino di Russia, più semplice sarà giustificare l’assenza di negoziati e l’implementazione di sanzioni economiche in grado di ledere anche ai paesi che le adottano.

Malgrado le mille sfaccettature della complessa figura putiniana, scegliere la Russia come nemico è probabilmente il più grande errore che l’Europa possa commettere. Innanzitutto sono molti i paesi con cui l’occidente ha intessuto stretti rapporti commerciali dove i diritti fondamentali non sono ad oggi rispettati. Proprio alcuni giorni fa mi sono ritrovato a firmare una petizione di Amnesty International per la liberazione di Raif Badawi, arrestato e condannato dalla corte di giustizia saudita a 10 anni di prigione, 1000 colpi di frusta e 226000 euro di multa per aver lanciato il blog “liberate i liberali sauditi!”. Da quanto leggo la stampa internazionale ne parla davvero poco, che i redattori si siano scordati di essere tutti Charlie? Inoltre l’operato della macchina del fango e la strenua ostilità dei leader europei hanno come effetto principale quello di polarizzare il dibattito intorno alla figura di Putin: chi lo ha sempre detestato, tanto in patria che all’estero, lo disprezza più di sempre, e chi lo ha amato sin dai primi passi al Cremlino si stringe attorno a lui in una ceca dimostrazione di assoluta fedeltà. Sappiamo bene come funziona noi italiani, il “Caimano” è stato per anni l’ossessione di buona parte dei giornali italiani ed esteri che ne hanno fatto in breve la prima donna del teatro di Palazzo Chigi.

Leggendo un’intervista a Sergej Lavrov pubblicata su Russia Today, mi rendo conto di essere d’accordo col ministro degli esteri russo quando constata amaramente che la “Russia ha sovrastimato l’indipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti”. Effettivamente l’Unione avrebbe molto da guadagnare uscendo dalla scia di un paese affetto da russofobia cronica, la cui sintomatologia si riflette anche nella soluzione al conflitto ucraino fornita dall’ex maggiore Scales: “cominciare a uccidere russi. Così tanti che i media, anche quelli favorevoli a Putin, non possano nascondere il fatto che i russi stiano tornando in Patria chiusi in sacchi di plastica”. L’UE non si trova solo geograficamente al centro dello scacchiere dove si gioca la partita, è anche l’unico interlocutore fra queste due superpotenze con un più ampio margine di manovra. Come spiega il politologo Ted Hopf nel suo articolo Common-sense Constructivism and Hegemony in World Politics, la Russia esercita da tempo una forte influenza in zone ben precise dell’ex blocco sovietico ed è forse il momento per Bruxelles di prenderne atto e avviare trattative lungimiranti anziché imbracciare le sanzioni ogni volta che si tratta di mediare con Mosca.          

Il primo passo verso una riconciliazione effettiva con il Cremlino dipende anche dallo smantellamento della macchina del fango che ha fatto di Putin l’anticristo moderno, se non altro perché non sarebbe l’unico al mondo a godere di un tale status. Un’ipotesi irrealizzabile fino a quando le relazioni esterne dell’Unione con la Russia sono condotte sotto l’egida dello zio Sam e un numero infimo di leader politici ha il coraggio di spezzare una lancia a favore del presidente russo all’indomani dell’assassinio di Nemtsov, come solo ha fatto Mélenchon.