Terry Gilliam ci regala l'ennesimo capolavoro su un'umanità oscura.

«Il futuro è storia», questa la tagline del film L’esercito delle 12 scimmie, e dopo vent’anni dall’uscita possiamo dire che la storia l’ha fatta davvero… almeno quella dei film di fantascienza.

“Il re del paradosso” Terry Gilliam, nel lontano 8 febbraio 1995, iniziava a girare quello che probabilmente è il miglior film sui viaggi temporali.

Liberamente ispirato a La jetée, piccolo capolavoro sperimentale del regista francese Chris Marker, il film consiste in una storia di fantascienza post-apocalittica.

 

Un futuro sotterraneo

Siamo nel 2035 e il 99% della razza umana è stato sterminato da un virus letale. I superstiti sono costretti a vivere sottoterra per sfuggire al contagio, mentre gli animali dominano incontrastati il pianeta. I detenuti, muniti di speciali tute ermetiche, sono obbligati a salire in superficie per raccogliere prove utili per riuscire a comprendere la catastrofe.

James Cole (un commovente Bruce Willis), uno dei detenuti ‘migliori’, viene inviato nel passato per indagare sui fatti che hanno portato all’estinzione dell’umanità.

Gli scienziati dominano la comunità, disposti a tutto pur di trovare un antidoto e poter riconquistare la superficie.

 

 Un ‘piccolo’ contrattempo

Cole appare nel 1990 anziché nel 1996, viene arrestato e rinchiuso in un ospedale psichiatrico.

Un sogno ricorrente lo perseguita come una profezia.

La macchina del tempo non ha fatto il suo dovere e Cole viene imbottito di tranquillanti perché ritenuto pericoloso e affetto da disturbi mentali. Nessuno gli crede anche se la dottoressa Railly (Madeleine Stowe) intravede qualcosa in lui, come se si conoscessero da sempre.

Qui conosce il folle Jeffrey Gonies (Brad Pitt) con cui stringe una strana amicizia.

Cole tenta la fuga, ma viene fermato, sedato e chiuso in isolamento. D’un tratto puff, scompare e riappare nel 2035. Viene mandato di nuovo nel passato ma… eccolo in versione soldato durante la Prima Guerra Mondiale. Tempo di prendersi una pallottola e viene rispedito nel futuro per poi approdare (finalmente) nel 1996, pochi mesi prima del contagio, in cui strani murales tappezzano di rosso Philadelphia.

 

esercito delle 12 scimmie

Bruce Willis e Brad Pitt in una scena del film

 

La libertà dell’individuo

Gilliam è stato sempre attratto dal concetto di libertà, fin dal lontano 1985, anno di uscita di Brazil, capolavoro sci-fi pregno di rimandi al romanzo 1984 di George Orwell, fonte di ispirazione per tutta la fantascienza moderna.

Anche nell’esercito delle 12 scimmie il concetto di libertà torna forte e pieno di tristezza. I detenuti  vengono osservati da schermi multipli come cavie da laboratorio. Schermi che simboleggiano l’estraneazione dovuta all’avvento tecnologico del tempo. Vivono dentro gabbie come bestie in un’atmosfera da giorno del giudizio. Tutto è plasmato e ingigantito, deformato dall’uso della lente di  Fresnel, come in Brazil, usata dal fido Roger Pratt (direttore della fotografia), come una scimitarra per tagliare mondi, universi incontrollati che sbalzano tra la mente di Cole e la realtà.

Il concetto di libertà è racchiuso benissimo nella voglia di Cole di respirare l’aria, cosa che ormai, nel 2035, nessuno può fare.

Storia profetica quindi, perché ormai, anche il nostro pianeta rischia di diventare ostile, per via dell’inquinamento e del surriscaldamento dell’ecosistema sempre più immanente.

E se dovessimo ritrovarci anche noi, prima o poi, a vivere sottoterra?

Cole lotta fino alla fine per cambiare il futuro, e noi, ne saremo in grado?