Un viaggio nella mente del padre della Beat Generation.

El Hombre Invisible. Un virus cianotico nella letteratura. Un vecchio snello nella cui mente si torcevano brividi postcoitali –  apocalissi, profezie, e buchi di culo parlanti.

Uccise la sua seconda moglie giocando a Guglielmo Tell, fatto d’eroina o chissà cos’altro, a Città del Messico. Quella notte maligna del 1951, però, diede alla luce l’ombra di uno scrittore che avrebbe influenzato l’Arte del Novecento.

 

“Senza la sua morte non sarei mai diventato uno scrittore. Vivo sotto la minaccia costante di essere posseduto, e un bisogno costante di sfuggire alla possessione, al Controllo. La sua morte mi ha trascinato in una battaglia lungo un’intera vita, in cui non mi è rimasto altro da fare che scrivere la mia vita d’uscita”

 

William S. Burroughs. Nasce nel lontano 1914 in Missouri da famiglia benestante; sin dall’adolescenza inizia a sperimentare: in svariati campi, da quello sessuale, al morboso mondo della droga, fino a diventare a tutti gli effetti un tossicodipendente; dipendenza e sperimentazioni, difatti, lo accompagneranno per il resto della vita. Nel 1943 conosce Allen Ginsberg e Jack Kerouac, diventando il padre spirituale, sia per la sua genialità che per l’età anagrafica, di quella che sarebbe diventata la rivoluzionaria Beat Generation.

 

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Peter Orlovsky, Jack Kerouac e William S. Burroughs in spiaggia

 

La droga rimase la sua più fedele compagna nei suoi viaggi per il mondo, dal Sud America a Londra, a Parigi, a Tangeri; proprio lì – a Tangeri – partorì la sua opera più controversa, scomodamente visionaria e anfetaminica: Pasto Nudo. Nei mesi a Tangeri, infatti, tra siringhe ed oppiacei si ritrovò sepolto da fogli sparsi con pensieri e storie deliranti e apparentemente scollegate; fortuna vuole che a raggiungerlo furono proprio Kerouac e Ginsberg che lo convinsero e lo aiutarono a mettere in ordine quei frammenti visionari, che portarono alla pubblicazione del romanzo nel ‘58, col titolo “Pasto nudo” ingegnosamente suggerito da Kerouac.

 

L’inintelligibilità integrale del testo (a tratti è davvero dura leggere e comprendere appieno alcuni lunghi periodi) non blocca il potere evocativo della parola singola e indipendente. In questo romanzo decisamente criptico (o forse criptato), le proteste e la denuncia di Burroughs si concentrano minacciosamente sulla schiavitù dell’uomo moderno, in uno spietato ed efferato attacco rispetto a qualsiasi forma di controllo. Un universo distorto in cui la totale dipendenza (dai sistemi, come i sistemi allucinati creati dal dott. Benway) e la droga diventano una sorta di metafora satirica confusionale e caotica del contesto sociale. L’intera umanità è posta sotto il controllo di un qualche tipo di dipendenza, come lui lo era della droga, di tutte le droghe.

 

“La droga è una strada a senso unico. Divieto di invertire la marcia. Non puoi più tornare indietro”.

 

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Per Burroughs l’intera umanità è posta sotto il controllo di un qualche tipo di dipendenza

 

Burroughs aveva ottenuto già un grande successo qualche anno prima con la pubblicazione di Junkie (La scimmia sulla schiena in Italia), iniziando a sagomare i temi principali che abbraccerà febbrilmente nella sua carriera da scrittore, quali appunto la droga e il controllo, il tutto nella cornice a stelle e strisce di un sogno americano che è eufemistico definire in frantumi.

 

“Cash mi disse che a volte due drogati si fanno una puntura insieme, e poi uno dei due tira fuori la patacca della polizia. ‘Come si può farcela?’ disse Cash. ‘Questi tali sono tossicomani anche loro, insomma. Individui come te e come me, con una piccola differenza… lavorano per lo zio Sam.’ “.

 

I soldi guadagnati lo aiuteranno a continuare a procurarsi le sue dosi: benzina, tuttavia, per continuare a battere a macchina. Sono degli anni ‘60 i romanzi La macchina morbida e Nova express, che insieme a Il biglietto che esplose andarono a formare la Nova trilogy, in cui l’autore ha sperimentato la tecnica del cut-up: smontando e riassemblando intere sezioni di pagine per estrapolarne il significato intrinseco. Gli anni ‘70 lo incoronarono come padre del “punk” – inteso come una prepotente rivoluzione artistica –  fornendo a gente come Iggy Pop, Lou Reed, David Bowie, i mezzi necessari per osservare ed interpretare il mondo, la lenta decomposizione della modernità, il lungo lavaggio mentale massificato, in modo da raccontarlo con lucida realtà.

 

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Gli anni ‘70 lo incoronarono come padre del “punk”

 

Il linguaggio diventa virus, sguinzagliato prepotentemente, in grado di sedurre ed imbavagliare l’individuo. È ciò che accade sui binari della realtà. È ciò che Burroughs scrive tra le righe di questo manicomio.

 

“Prima di tutto prendemmo la nostra immagine e la codificammo. Un codice tecnico sviluppato dai teorici dell’informazione. Quando scoprimmo che il materiale dell’immagine non era materia morta, ma mostrava di possedere lo stesso ciclo di vita di un virus, questo codice venne scritto a livello molecolare per risparmiare spazio. Se questo virus fosse stato diffuso in tutto il mondo avrebbe infettato l’intera popolazione, trasformandola in nostre repliche, quindi non era sicuro rilasciare il virus finché non fossimo stati certi che anche gli ultimi gruppi destinati a trasformarsi in repliche non avessero compreso quello che stava succedendo. A questo scopo inventammo una varietà di forme, cioè una varietà del contenuto informativo della molecola, il che, enfin, costituisce sempre una permutazione del materiale esistente. Informazioni accelerate, rallentate, alterate in maniera casuale irradiando il materiale virale con raggi ad alta energia emessi dai ciclotroni, in breve abbiamo creato un’infinita varietà a livello informativo, sufficiente a tenere occupati per sempre i cosiddetti scienziati nell’esplorazione della “ricchezza della natura”. In questo lasso di tempo era di fondamentale importanza che nessun umano potesse immaginare di essere senza corpo. Ricordate che la varietà da noi inventata era una permutazione della struttura elettromagnetica formata da interazioni fra materia ed energia, quindi non la materia prima alla base di un’esperienza non corporea”.

 

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Con Burroughs il linguaggio diventa virus

 

Continuando dopo qualche pagina:

 

“Come abbiamo visto l’immagine è droga – Quando un paziente perde una gamba che subisce un danno? – Ovviamente l’immagine che ha di sé stesso – E così ha bisogno di una dose di immagine preparata – Le droghe allucinogene modificano lo schema di scansione della “realtà” in modo da mostrarci una “realtà” diversa – Non c’è nessuna “realtà” vera o reale – La “realtà” è semplicemente uno schema di scansione più o meno costante – Questo schema che accettiamo come “realtà” ci è stato imposto dal potere che controlla questo pianeta, un potere orientato principalmente verso il controllo totale.” (Nova Express)

 

La sua opera è permeata di una libidine profetica  che riporta a scenari che si rivelano sempre più affini a quelli odierni. Burroughs ha infettato le sue pagine con una paranoia aleatoria, descrivendo diversi possibili futuri, tutti con un unico tratto in comune, ovvero il controllo massificato.

 

“Con il pretesto del controllo delle droghe stati polizieschi oppressivi sono stati messi su in tutto il mondo occidentale. […] Grazie alla tecnologia illustrata nel comunicato 2332 la programmazione precisa del pensiero dei sentimenti e delle impressioni sensoriali apparenti permette agli stati di polizia di mantenere una facciata democratica dietro alla quale denunciano a gran voce come criminali, pervertiti e drogati tutti quelli che si oppongono alla macchina del controllo.” (I ragazzi selvaggi)

 

Tutta la sua vita, i suoi romanzi, le sue scritture ‘cianotiche’, si sono sviluppate in funzione di un’espansione delle frontiere della nostra percezione, del linguaggio. Un tentativo di comunicarci la realtà distorta che va creandosi sotto i nostri occhi, gli occhi degli individui che dipendono da essa; un tentativo (riuscito) di divulgazione di un pensiero rivoluzionario pervade ogni sua opera, tanto da riuscire a diventare il padre spirituale di quelle generazioni che hanno lasciato una grossa impronta sul terreno della storia.

 

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Tutta la sua vita, i suoi romanzi, si sono sviluppati in funzione di un’espansione delle frontiere della nostra percezione

 

Maestro di vita e malavita, scrittore anti-sistema, sagoma invisibile al controllo, o almeno è quello che cerca di essere per sfuggire all’industria del controllo malato, al mercato nero del lavaggio morale, mentale e goliardico. Un’apocalisse del controllo che non ha spettatori, che provoca un miasma fumante da ogni tombino, che ha il monopolio su gran parte dei quotidiani avvenimenti: da questo Burroughs cerca di metterci in guardia, fornendoci dei mezzi per eludere questi spettri.

 

Nell’estate del 1997, questa vecchia ombra invisibile, col suo cappello di feltro, con una pistola sempre nella fondina, esalò il suo ultimo respiro, e non per l’alcool, non per la droga, non per le armi. Ma i suoi romanzi e le sue idee, continuano a propagarsi come un virus, oscillando nella musica, nella letteratura, nella controcultura, tra le pieghe dei mass media, e non solo, come ombre invisibili.

 

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