Sono solo canzonette.
Mi addentro in un parallelismo ai limiti del plausibile e metto in relazione due grandi eventi che sulla carta non hanno nulla da spartire ma che sono gli esempi perfetti per confrontare i concetti di “spettacolo” e di “diverso” secondo le declinazioni di due popoli lontani e vicini a loro volta.
Per farlo prendo spunto dal fatto che nel giro di 48 ore prendono vita due cose lontane anni luce ma estremamente simili nel loro essere agli opposti in un gioco di specchi che le rende iperbolicamente connesse nella loro natura sbrilluccicosa e carnascialesca:
Domenica 7 Febbraio 2016, Levi’s Stadium – Santa Clara, California – USA, va in scena il 50° Super Bowl.
Martedì 9 Febbraio 2016, Sanremo – Italia, al via la 66esima edizione del Festival della Canzone Italiana.
Super Bowl: evento sportivo di portata mondiale che vede ogni anno uno spettacolo di fine primo tempo – l’halftime show – che storicamente propone il meglio del meglio della musica pop mondiale: Stevie Wonder, Paul McCartney, Michael Jackson, Bruce Springsteen, The Rolling Stones just to name a few.
Lo avete visto l’halftime show del Super Bowl di quest’anno? È stupefacente, mette insieme i Coldplay, Mark Ronson, Bruno Mars e Beyoncè: intendiamoci, non sto parlando di arte o di raffinatezza formale, nè di underground o di ricerca, ma parlo di un grande show, de la baracconata perfetta. Si parte con quei bravi ragazzi capitanati da Chris Martin che sciorinano un mix dei loro maggiori successi a là U2, poi entra a gamba tesa Bruno Mars con una band che reggerebbe il confronto coi J.B.’s mentre sua maestà Mark Ronson si diletta allo scratch sui piatti, inanto fuochi d’artificio, bande di bambini, casino ovunque, roba da antologia dello spettacolo. Poi arriva Beyoncè con un esercito di amazzoni vestite di pelle nera e sbatte in mondo visione il suo nuovo singolo “Formation”, dove non mancano riferimenti espliciti e diretti alla questione dei diritti degli afro-americani quanto mai attuale, il tutto muovendo a ritmo una 60ina di chiappe marmoree con una classe da paura.
Mi vengono in mente due spunti di riflessione:
1) gli americani, per quanto tamarri, capitalisti al midollo e buzzurri, uno show lo sanno fare, eccome.
2) in 13 minuti, questa la durata dell’halftime show, si passano in rassegna almeno 3 generi musicali diversi, interpretati magnificamente, nella più totale par condicio di colore della pelle. Mica poco. Che poi tale par condicio si rifletta nella realtà è però un altro par di maniche… Ah, ci aggiungo anche una nota gay-friendly data dall’inno nazionale intonato da Lady Gaga e dal floreale allestimento del palco dei Coldplay, ma questa è solo una battuta da non prendere troppo sul serio.
Festival di Sanremo: supposto festival della cazone italiana tramutato a vetrina generalista dello spettacolo tricolore, non mancano nella sua storia ospiti eccellenti sebbene questi riescano sempre a passare in secondo piano, per un motivo o per un altro. Mandiamo indietro le lancette, Sanremo non ha sempre fatto schifo, non è sempre stato Pippo Baudo appena uscito dalla camera iperbarica o il pazzo di turno che si vuole lanciare dalla balconata dell’Ariston, o ancora Emanuele Filiberto di Savoia che duetta con Pupo previa sermone di Marcello Lippi (!): San Remo è stato anche Wilson Pickett che canta Lucio Battisti, è stato Nino Ferrer, San Remo è stato gli Yardbirds, i Blur in playback con Graham Coxon di cartone. San Remo è stato anche la sua vittima più eccellente: Luigi Tenco.
Sanremo arriva alla sua LXVI edizione nel pieno rispetto dello spirito Lampedusiano: “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Ogni volta che contravvengo alla mia regola aurea “fai finta che Sanremo non esista” e cerco qualche notizia sul Festivàl, ecco che vengo investito da una montagna di immondizia. Scopro l’acqua calda? Si. Ma Sanremo e la musica oramai non hanno nulla a che fare e come tutti i grandi eventi italiani trascende e mette in mezzo politica, società civile, morale cattolica e polemiche varie. Leggo con piacevole sorpresa che Elton John sarà l’ospite della serata inaugurale, ma ecco cosa succede se digitate “Elton John Sanremo” su Google:
La musica e l’enorme carriera del songwriter inglese non sono neanche prese in considerazione dalla stampa, meglio speculare sulla natura sessuale di un Baronetto di Sua Maestà la Regina d’Inghilterra. In tempi di dibattito politico su coppie di fatto e diritti civili delle persone omosessuali, i più cialtroni fra i nostri politici sono pronti a cogliere l’occasione al balzo per difendere strenuamente posizione vetuste tenute con la stessa sincerità di una banconota del monopoli: ancora una volta la musica e lo spettacolo vengono strumentalizzati e veicolati da bassa stampa e bassa politica a braccetto.
Riflessioni conclusive: il fatto che il Super Bowl e Sanremo arrivino negli stessi giorni dell’anno è una coincidenza davvero peculiare, da un lato un evento sportivo che al suo interno offre il miglior pop show del pianeta; dall’altro un festival teoricamente musicale mette insieme una sequela di mummie dello spettacolo, lampadati impresentabili, attori e comici ai limiti del ridicolo e il classico cordone di polemiche e sproloqui para-politici rigorosamente extra-musicali: in sostanza la morte dello show e la più totale paura del diverso.
Oggi ho capito cosa vuol dire essere dall’altra parte del mondo.