Twitter, il social network delle persone famose, è in una fase di profondi cambiamenti.

 Sabato sera ho seguito i due eventi più rilevanti della settimana italiana su Twitter: volevo vedere, in prospettiva di scrivere questo pezzo, se può essere davvero divertente farsi scorrere centinaia di tweet sotto il pollice. Lo è.

Perché buttarsi in una serata simile? Perché Twitter, a detta di tanti, non è soltanto in declino, ma in crisi profonda. Ma andiamo avanti.

 

La cronaca live dei suoi utenti è spassosa, dinamica, sempre aggiornata. Seguire lo scorrere dei tweet permette all’utente di prender parte ad una collettiva costruzione di significato di ciò che sta accadendo. Il gol di Zaza che riporta la Juventus in cima alla classifica di Serie A. La clamorosa vittoria degli Stadio (!) a Sanremo. La morte del giudice della corte suprema degli Stati Uniti Antonin Scalia. O qualsiasi altro evento. Insomma Twitter può davvero essere, più di qualsiasi altro social network, il posto in cui seguire gli eventi senza perdersi una parola.

 

Non solo: potrebbe essere ancora di più quel posto giusto. Gli utenti stanno infatti ancora aspettando che Moment sia finalmente diffusa in tutto il mondo. Moment è la funzione di Twitter che permetterà, chissà quando, di seguire in diretta gli eventi con un grado di precisione e di aggiornamento maggiore rispetto a quanto si può già fare semplicemente refreshando i feed dall’hashtag o dalla parola chiave che ci interessa. Signorelli, su Studio, scrive che la direzione intrapresa da Twitter è quella di voler diventare il Social News Medium, forse l’unico spiraglio per rendersi unico rispetto a quanto già fatto vedere da Facebook (soprattutto) e dagli altri.

 

Il vestito buono?

 

Proprio sabato sera Twitter si è fatto bianco: il colore della barra in alto, nella visualizzazione da mobile, è passata dal classico celestino con icone bianche, al bianco con le icone celestine. Una settimana di cambiamenti: il social network dei 140 caratteri da qualche giorno non predilige più lo scorrere dei tweet secondo un ordine cronologico, ma li posiziona a seconda della rilevanza. Si è insomma dotato di un algoritmo, come tante voci esperte del web consigliavano da diverse settimane.

 

Dotandosi di un algoritmo Twitter ha probabilmente sancito la fine della propria unicità diventando un social network come un Facebook qualunque.

 

Eppure, la questione sta tutta qui: gli utenti del social network di Mark Zuckerberg crescono vertiginosamente, quelli di Twitter no (o comunque di una percentuale annua quasi irrisoria). Presentando i tweet più rilevanti, l’algoritmo di Twitter metterà i suoi utenti di fronte ad una scelta: far finta che sia ancora lo stesso e beneficiare delle ultime cose rimaste da quelle parti, o scegliere di passare il proprio tempo solo e soltanto su Facebook. Sono stati tanti gli utenti a ribellarsi al nuovo funzionamento di Twitter (che entrerà in vigore nelle prossime ore), tanto da lanciare l’hashtag #RIPTwitter. Quasi una minaccia. La funzionalità introdotta all’interno del social media di fatto esisteva già, con la funzione Mentre Eri Via, come ricorda anche Re/Code. La possibilità insomma di vedere i tweet più interessanti pubblicati dall’ultima volta che si era utilizzata la app.

 

il rallentamento della crescita degli utenti di Twitter

 

Niente biscottini

 

C’è un modo in cui Twitter può salvarsi? Ma, prima di questo, da cosa si deve realmente salvare?

 

La sconfitta (il vincitore è ovviamente Facebook) nel mondo dei social network è ormai irrimediabile e si basa su un presupposto sempre più visibile: Twitter crea frustrazione, Facebook genera ricompense. Sabato sera ho twittato una battuta, speravo facesse ridere. È questa qua sotto:

 

 

Ho tenuto d’occhio per qualche minuto le visualizzazioni, e mentre queste crescevano, il contatore delle notifiche restava fermo. Contemporaneamente, sul mio profilo Facebook, riuscivo a macinare like grazie a link condivisi da amici o pagine senza il minimo sforzo cognitivo. Apro Facebook e mi incuriosisco. Apro Twitter e mi deprimo. Questa dinamica non avviene solo in presenza di personalità vanitose e narcisistiche. Aprire Facebook è diventato un comportamento condizionato, spiegandolo con il comportamentismo: ci aspettiamo che una delle tre icone indicanti una notifica sia rossa. Trovarne una, di notifica, rinforza quel comportamento. Per Twitter invece vengono a mancare i rinforzi, i biscottini-notifica, a meno di non essere qualcuno da qualche migliaio di follower. Come dire, Facebook ha già vinto sotto il profilo fisiologico della ricompensa. Non sarà il nuovo algoritmo di Twitter a permettergli di avvicinarsi di un’unghia al cugino dalla F bianca su sfondo blu.

 

Salvarsi da se stessi

 

Se non è dunque dalla competizione con Facebook che Twitter si deve salvare, qual è la sfida del social network creato da Jack Dorsey? No, non dalla chiusura. Ok la crisi, ma siamo lontani dal veder smantellata un’azienda che, secondo Usa Today, avrebbe denaro per mantenere il servizio per altri 412 anni. Certo, nella Silicon Valley sono altre le piattaforme che volano. Twitter si limita a rimbalzare da un posto all’altro, tra un ripensamento e una novità.

 

A proposito di cose nuove: oltre all’algoritmo, qualche settimana fa è rimblazata la notizia della possibilità di eliminare il limite dei 140 caratteri. Beppe Severgnini, uno che a giudizio di chi scrive, sa osservare le cose e al quale in questa sede non si richiede un giudizio tecnico, ha parlato di perdita di identità. E, sempre a giudizio di chi scrive, con ragione. Abbandonare la dimensione micro in funzione della libertà di pippone potrebbe sfociare facilmente nella perdita di fluidità cui accennavamo prima. Quella brevità che, a pensarci bene, è ispiratrice di tanti contenuti che vediamo anche sugli altri social network: citazioni, meme, gif. Contenuti da buttar giù come pop-corn, non da elaborare, da perderci troppo tempo. Se proprio uno ha voglia di un pippone, clicca sul link e se ne sta per conto suo. Al limite, evitare di conteggiare i caratteri dell’URL all’interno del tweet così da permettere più spazio, potrebbe essere un’idea. Sicuramente ci avranno già pensato.

 

Ciò da cui Twitter deve salvarsi dunque, è sé stesso. Dal pericolo di snaturarsi in favore di tentativi velleitari di riconquistare vette ormai perse. Quello che gli utenti di Twitter si aspettano è che vengano potenziate le funzionalità che rendono questo social media unico rispetto alle altre piattaforme. Se Facebook, così come Whatsapp (un’unica grande famiglia), stanno legittimamente puntando sulle relazioni, sulla vicinanza degli utenti, Twitter dovrebbe puntare sulla loro lontananza. Non è poi così diverso da quello che è stato finora: non a caso infatti in molti lo definiscono il social network delle persone famose.

 

E questo va bene”, ancora?

 

Come ricordava due settimane fa il NewYorker, nel 2011 il CEO di Twitter Dorsey disse che alla domanda “Che cos’è dunque Twitter?”, avrebbe risposto “Non lo sappiamo ancora, e questo va bene”. I problemi di identità dunque non riguardano soltanto il futuro, ma anche il recentissimo passato. Cinque anni dopo ci si potrebbe chiedere che cos’ha fatto realmente Twitter per migliorarsi, si legge nell’articolo. Se la risposta è l’algoritmo di cui abbiamo parlato e fieramente annunciato mercoledì scorso, allora sì, Twitter è davvero in crisi.

 

Joshua Topolsky nell’articolo del NewYorker, scrive che non tutto è perduto anzi. Si riallaccia a quanto dicevamo a proposito dell’immediatezza e della dinamicità, dell’apprendere le notizie e dell’aggiornamento. Forse mettere nel mirino la possibilità di diventare davvero il social media dedicato alle news, ai momenti da condividere e da commentare collettivamente, è davvero la strada giusta da intraprendere.