La poesia nell’opera di Lee Chang-dong.

Quello di Lee Chang-dong è un caso forse unico nel suo genere: da sceneggiatore e regista di successo – è uno dei cineasti più rappresentativi del nuovo cinema sudcoreano e pluripremiato ai più importanti festival cinematografici europei – a Ministro della Cultura e del Turismo del suo paese.

 

La poetica

Una delle costanti dei protagonisti dei film di Lee Chang-dong è quella di essere una sorta di meteoriti che piombano improvvisamente in realtà non preparate né ben disposte ad accoglierli.

Così, come inattesi asteroidi che impattano in un punto qualsiasi del pianeta, vanno ad innescarsi in contesti ‘equilibrati’ squilibrandoli con la loro presenza ‘sovversiva’, cioè tesa a sovvertire qualsiasi situazione preesistente.

 

Ma può accadere anche che si verifichi, come in Green Fish, la situazione inversa, ovvero quella in cui il protagonista entri in un contesto consolidato, ma a suo modo di vedere non in sintonia con la condizione in cui lo ha lasciato o come vorrebbe che fosse, cercando di modificarlo. Mak-dong è un personaggio incapace di adattarsi all’ambiente che lo circonda, costantemente ignaro delle regole di una partita in cui non è giocatore, bensì mera pedina.

 

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La locandina dell’esordio di Lee Chang-dong, Green Fish (1997)

 

Oppure, come in Oasis, può accadere che il corpo estraneo sia quello di un diverso, nel caso specifico un disadattato sociale, e che un contesto pianificato si rifiuti di accettarlo. Succede a Jong-du, protagonista maschile del film, respinto dal perbenismo e dall’ipocrisia dell’istituzione familiare coreana.

Un altro esempio lampante è quello che si verifica in Peppermint Candy dove lo sguaiato protagonista incrina la serena armonia di un picnic con la sua sgradita intrusione che culmina col suo suicidio. Gettandosi sotto un treno, grida con lucida consapevolezza “Voglio tornare indietro!” alludendo alla irrecuperabile perdita di status sociale.

 

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Peppermint Candy (2000)

 

In Secret Sunshine assistiamo all’ennesimo blitz, quello di una vedova, la protagonista del film, che piomba nello sconosciuto – per lei – paese del defunto marito riscontrandone la palese ostilità e ritrovandosi sola ad affrontare l’ennesimo lutto – la morte del figlio – in un progressivo isolamento che l’allontana anche da Dio.

Un’altra prerogativa delle opere di Lee Chang-dong è il tragico epilogo del destino del protagonista del film: in Green Fish viene ucciso, in Oasis finisce in carcere, in Secret Sunshine viene recluso in un ospedale psichiatrico, in Poetry ci imbattiamo in un nuovo suicidio.

Se l’epilogo è tragico, non di meno lo è il prologo; il protagonista di Green Fish torna dal servizio militare, cioè da un luogo di contenzione al pari del carcere da cui proviene Jong-du, il protagonista di Oasis, mentre dall’abisso emerge Young-ho protagonista di Peppermint Candy, ex torturatore e omicida.

Anche Shin-ae la protagonista di Secret Sunshine tenta di rientrare nella vita dopo la tragica esperienza della morte del marito.

 

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Shin-ae, la protagonista di Secret Sunshine (2007)

 

Nelle opere del regista, c’è sempre questo continuo confronto, fra il passato, quasi sempre travagliato, che cerca di riscattarsi in un presente non sempre migliore del periodo che lo ha preceduto.

Questi personaggi, perennemente alla ricerca di un reinserimento sociale o familiare, non possono che avere come referenti la famiglia, un gruppo o una comunità.

 

Mak-dong, il protagonista di Green Fish, si inserisce in una banda malavitosa nella infantile ricerca del ritorno in un contesto familiare e nella vana speranza di ritrovarvi all’interno la figura paterna che ravvisa in quella del capo clan.

Per Jong-do, il polo d’attrazione, è la polizia; seppur su un versante opposto, anche lui aspira a ritrovare la sicurezza del grembo materno.

Shin-ae, compie lo stesso percorso andando a vivere nella comunità del marito dove spera di trovare un’accoglienza che surroghi la perdita della famiglia.

 

Quello dei personaggi guida dei film di Lee Chang-dong, sembra un viaggio negli inferi, un percorso che, nonostante le aspettative, si rivela inesorabilmente senza ritorno.

Ma anche se per loro non è prevista la redenzione, le loro esistenze senza speranza preludono a successivi riscatti: la famiglia di Mak-dong si ricompatta come lui avrebbe desiderato mentre per Young-ho è salvifico il ritorno al candore adolescenziale. Per Jong-du e per Shin-ae la riabilitazione si verifica per interposta persona ovvero attraverso la metamorfosi comportamentale della giovane disabile di Oasis e della merciaia di Secret Sunshine che solo dopo il ricovero in psichiatria di Shin-ae comprende il messaggio esistenziale di quest’ultima.

 

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Oasis (2002)

 

Il filo rosso che lega i personaggi che Lee Chang-dong eleva a emblema dell’espiazione di una colpa, è la dannazione vissuta come un’insopportabile Via Crucis che condiziona irreversibilmente i singoli percorsi esistenziali.

Sono degli sconfitti ad oltranza dal destino che intravedono, solo saltuariamente e in lontananza, l’uscita dal tunnel.

 

Poetry

Mija ha un animo poetico e ravvisa la poesia che c’è nella natura andando ogni giorno a cercarla nel battito d’ali di una farfalla, nel gorgoglio di un ruscello o nel fruscio delle foglie degli alberi accarezzati dal vento.

La sua è una ricerca naif, spontanea; non è una poetessa ma ‘sente’ la poesia e annota nel suo taccuino tutto ciò che per lei è poetico sperando un giorno di tradurre le sensazioni che percepisce in versi. Per questo frequenta una scuola di poesia dove spera di apprendere i meccanismi di scrittura che le consentano di trasformare in strofe le vibrazioni che la pervadono quando entra in contatto con l’armonia della natura.

 

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Poetry (2010)

 

Alla ricerca dell’anima poetica del creato intraprende un viaggio quotidiano che la allontani allo stesso tempo dalle brutture del mondo, dall’insensibilità delle persone nei confronti dei temi esistenziali che, secondo lei, dovrebbero rappresentare il filo conduttore della vita di ognuno.

Il taccuino, quindi, diventa una specie di scrigno, la cassaforte all’interno della quale custodisce questi valori arcaici che rappresentano anche l’antidoto contro le storture della società tesa inarrestabilmente alla conquista di valori diversi, indotti dal consumismo e dall’edonismo.

E s’indigna, per esempio, quando un rozzo poliziotto che frequenta il laboratorio di poesia osa profanare quello che per lei è un tempio sacro, il tempio della poesia, con allusioni volgari.

 

Il nipote, che si macchia di un delitto orrendo – uno stupro di gruppo – è la presenza costante nella vita di Mija che la richiama brutalmente alla realtà dalla quale cerca di evadere rifugiandosi nella poesia.

È insensibile quanto lei è sensibile, inespressivo e strafottente quanto lei è armonicamente estroversa nei confronti del prossimo e in particolare di un anziano disabile che cura amorevolmente, sottomesso alla tecnologia del divertimento quanto la nonna lo è nei confronti della natura.

La presenza del ragazzo ad ogni rientro a casa, è il brusco risveglio del sogno incontaminato della poesia.

 

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Mija con il nipote

 

Lee Chang-dong riesce mirabilmente a mettere a confronto questi due universi paralleli: segue, usando la macchina da presa con leggerezza, la protagonista nei suoi vagabondaggi poetici e poi la imprigiona nel piccolo appartamento dove è costretta a subire la sgradevole presenza di un nipote totalmente estraneo al suo mondo.

Ma è il bisogno del calore di una famiglia, tema sempre presente nei film del regista, che la spinge a cercare di tenere in vita un valore in cui crede ricoprendo di attenzioni, peraltro non ricambiate, l’ottuso nipote.

La solidarietà familiare, Mija la cerca anche in altri contesti quali la scuola di poesia e l’estemporaneo gruppo che si crea fra i genitori dei ragazzi che hanno compiuto lo stupro che ha indotto al suicidio la giovane vittima che lo ha subito: Agunes.

 

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Yu Junghee interpreta Mija in Poetry

 

Mija pensa che insieme a loro potrà affrontare un percorso di riabilitazione dei responsabili che attraverso la consapevolezza del crimine commesso possano prenderne coscienza. Ma riunione dopo riunione si accorge che il gruppo trae la propria coesione solo dalla volontà di occultare il fatto, corrispondendo una somma di denaro alla madre della ragazza per azzerare la responsabilità dei violentatori.

Il passaggio da questo girone infernale, le fa capire che la poesia non è solo espressione del bello ma anche strumento per esprimere il dolore.

 

E proprio la pietà che prova per la piccola vittima e il mancato rimorso nei suoi confronti da parte di quanti, direttamente o indirettamente, ne hanno causato la morte, la spinge per la prima volta a comporre un poema in versi dedicato a lei, ad Agunes, della quale vuole condividere il calvario andando a gettarsi nel fiume proprio dal ponte dove la ragazza aveva deciso di porre fine alla sua esistenza.

Solo attraverso la poesia, Mija riesce a penetrare nell’anima del mondo, un’anima che al suo interno riesce a far convivere il bene e il male con i quali è obbligata perennemente a confrontarsi.

 

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