American Beauty di Mendes e La grande bellezza di Sorrentino, due film che trattano lo stesso tema: l'inadeguatezza dell'uomo di fronte a felicità e bellezza.

Lester Burnham morirà. È lui stesso che ce lo dice nel primo, e già straordinario, monologo in voice off di American Beauty. Tutto ciò che andremo a vedere da qui in avanti sono gli eventi che porteranno al tragico epilogo.

Lester (Kevin Spacey) appartiene alla piccola borghesia americana, villetta di periferia, staccionata bianca e un buon lavoro. È giornalista e lavora presso una rivista periodica; ha moglie ed una figlia. Detesta il suo lavoro dove, tra l’altro, è in odore di licenziamento. Il matrimonio è in crisi e il rapporto con la figlia adolescente è pari a zero. Più che depresso, è indifferente. Sarà l’incontro con una bellissima (e biondissima) compagna di scuola della figlia che risveglierà i suoi sensi e riaccenderà il desiderio di nuove passioni.

 

First of all, that one second isn’t a second at all, it stretches on forever, like an ocean of time…

 

Caroline Burnham (Annette Bening) è un agente immobiliare con poca fortuna (e successo) sul lavoro. I rapporti familiari, con marito e figlia, sono particolarmente difficili e votati all’incomunicabilità. Nasconde le sue inadeguatezze familiari e i suoi insuccessi lavorativi dietro un impeccabile (quanto artificioso) quadretto di ‘perfezione borghese‘, fatto di roseti eccezionalmente in fiore, di prati verdi english style e di salotti impreziositi da divani di svariate migliaia di dollari. Inevitabile il tentativo di fuggire da una vita che non le sorride gettandosi tra le braccia di un collega vincente e fascinoso.

 

I guess I could be pretty pissed off about what happened to me.. but it’s hard to stay mad, when there’s so much beauty in the world..

 

Jane Burnham è la classica ragazza adolescente in guerra col mondo ed alla ricerca di una propria identità nell’universo conformista che è la giovane società americana; ricorda terribilmente un’altra indimenticabile giovane uscita dalla penna del genio di Alan Ball, Claire Fisher (Six Feet Under). Ricercherà una (possibile?) felicità intraprendendo una relazione col giovane e problematico nuovo vicino di casa.

 

Sometimes I feel like I’m seeing it all at once, and it’s too much, my heart fills up like a balloon that’s about to burst…

 

Madre malata di mente, padre rigido ufficiale dei marine, e un passato incerto, Ricky Fitts è il giovane voyeur, ossessionato dalle videoriprese, che si invaghirà della giovane Jane con cui intraprenderà una relazione. Ricky, insieme alla seducente Angela (la bionda oggetto di ossessione di Lester) rappresenta l’elemento di disordine, in grado di abbattere il muro di apparente perfezione dietro al quale si celavano le insoddisfazioni e le inadeguatezze della famiglia Burnham. Insoddisfazioni che fino a quel momento si cercava di occultare accuratamente, come polvere sotto a un tappeto.

 

You have no idea what I’m talking about, I’m sure. But don’t worry…you will someday

 

Mendes, e il suo sceneggiatore, dipingono ritratti straordinari di vite in precario equilibrio tra ragione e sentimento, libertà e conformismo. L’affresco finale è quasi un giallo americano dove ogni singolo protagonista nasconde il movente giustificante quel colpo di pistola alla nuca di Lester, esploso con apparente freddezza ma espressione di un insopprimibile tormento interiore.
L’effetto finale è quasi spiazzante per lo spettatore, incerto se accogliere il messaggio riconciliante del fu Lester Burnham oppure lasciarsi sopraffare da squallore e ipocrisia che sempre più dominano la nostra società.

 

Una sensazione di incertezza molto simile a quella che ci assale al termine di un altro film, più recente e di diversa estrazione, ma inaspettatamente simile nel suo messaggio di congedo, La grande bellezza. In realtà la bellezza americana differisce da quella italiana messa in scena dal regista napoletano; nel film di Sorrentino era uno sguardo, un sorriso, un giovane corpo di donna irrimediabilmente perso e poi desiderato. Eppure, entrambi i film trasmettono il medesimo senso di inadeguatezza; dell’uomo rispetto alla felicità, della bellezza rispetto alle miserie umane e del mondo. Ed è per questo che i due monologhi che chiudono i film di Mendes e di Sorrentino ci raffigurano la bellezza come una chimera (forse) irraggiungibile, (forse) per pochi eletti e l’uomo, naufrago della sua piccolezza e meschinità, incapace di vederla ed apprezzarla, quasi avesse perso, nella notte dei tempi, la chiave dell’enigma.
La bellezza che ci circonda, che riempie l’universo, è forse destinata a restare “un fiore non colto”.