Kill Bill è un esperimento in ottima parte riuscito e una grande opera cinematografica.

Con Kill Bill Miramax ha deciso di correre un grande rischio ma, col senno di poi, ha fatto centro.

Sulla carta il dittico pensato da Quentin Tarantino urlava: esagerato!

Kill Bill, diviso in 2 volumi (2 parti, 2003 e 2004), aveva tutte le caratteristiche per essere la perfetta ricetta del disastro: esagerazione, sproporzione, miscela di generi, colori audaci, personaggi bizzarri e caricaturali condannati alla ripetitività delle loro gesta, eroi-antieroi e cattivi- super cattivissimi, eccessiva violenza, inquadrature fumettistiche surreali/iperreali.

 

Eppure, nonostante tutto ciò (e anzi – grazie anche a tutto ciò) Kill Bill è un esperimento in ottima parte riuscito e una grande (perché è questo che conta, alla fine) opera cinematografica.

 

Kill Bill 1

Tarantino da le ultime direttive a Uma Thurman prima di una delle scene clou del film

 

Si dice che chi troppo vuole nulla stringe, ma Quentin, nella sua maniacale ambizione da perfezionista, non presta attenzioni a certe affermazioni – troppo prudenti per la sua indole – e tira dritto, con il suo complesso progetto. E chi, se non un nerd cervellotico con la fissa del cinema come Tarantino, poteva fare un film come questo?

 

Per prima cosa, immediatamente, distruggiamo un falso mito. Non esiste commentare un film facente parte di un dittico o di una trilogia, affermando che si è amato il primo ma non il secondo. O per lo meno, lo si può fare solo ed esclusivamente se si rapportano le parti all’insieme, contestualizzando le motivazioni fornite in modo corretto, e sempre ricordando il principio di necessità che sta alla base di ciascuna parte. Quello che si valuta è l’intero frutto, non una sola parte. Non esiste il primo volume senza il secondo. E viceversa. Si può aver amato maggiormente una delle due parti, ma resta fermo che alla fine si dovrà comunicare, nel caso ci venga richiesto, se IL film ci è piaciuto o meno. Sappiamo tutti che la cima della Torre Eiffel è decisamente migliore rispetto alla sua base, ma avete mai sentito qualcuno dire che di quest’ultima si poteva anche fare a meno?

 

Kill Bill 2

La Sposa con Bill

 

Kill Bill ci accompagna nella folle e addolorata vendetta di Uma Thurman, alias La Sposa (a.k.a. Black Mamba) ai danni dei suoi cinque ex amici che, quattro anni prima, l’hanno tradita profondamente, uccidendole il marito, gli amici, la figlioletta che portava in grembo (forse) e spedendola in coma profondo per gli anni successivi. Forse La Sposa non era del tutto innocente, certo. Scoperto di essere incinta del suo amante-boss Bill (un azzecatissimo David Carradine), Black Mamba decide di lasciare la sua carriera da spietatissima e preparatissima killer professionista, fuggire, cambiare nome e sposare uno sprovveduto tizio a caso. Ovviamente Bill non ha gradito il tradimento. Ma tutto ciò non giustifica affatto la strage avvenuta ai suoi danni in una chiesetta sperduta.

La Sposa si è svegliata e, dopo aver recuperato l’indispensabile uso degli arti, a bordo della Pussy Wagon si appresta a compiere la sua atroce vendetta. Li farà fuori uno ad uno, i membri della Deadly Assassins Viper Squad: O-Ren Ishii (Lucy Liu), Vernita Green (Vivica A. Fox), Budd (Michael Madsen) , Elle Driver (Daryl Hannah). Fino ad arrivare a Bill.

Una scalata infinita verso le porte del paradiso (o quanto meno quello che più vi si avvicina nella mente della donna ferita), che la porterà dal Texas a Tokio, andata e ritorno.

 

“La vendetta non è mai una strada dritta: è una foresta. E in una foresta è facile smarrirsi. Non sai dove sei né da dove sei partito” (Hattori Hanzo)

 

Tarantino ha definito Kill Bill con queste parole:

 

“l’insieme di tutto ciò che ho visto e amato in 35 anni di passione totale per la sala buia”.

 

E c’è davvero di tutto in Kill Bill: ispirazioni dai western spaghetti, dai film nipponici sulla jakuza, dai noir all’italiana e perfino dagli horror italiani di una ventina d’anni fa. Ci sono i costumi pazzeschi (la tutina gialla da motociclista, gli abiti tradizionali giapponesi e l’abbronzatura californiana), le musiche più disparate (Morricone, RZA, Santa Esmeralda, Nancy Sinatra), l’arte del combattimento che s’improvvisa camaleontica in base all’avversario (aggressivo, rude e fisico con Vernita, freddo e tecnico con il boss della Jacuza O-Ren, colpevole e traballante con la diciassettenne sociopatica Gogo, danzante e visual con gli ottantotto folli, sadico, crudo e sporco con Elle Driver). Anche stilisticamente Kill Bill si presenta come un variopinto mix di tecniche: si passa dai piano-sequenza che rallentano e smorzano i toni, ai primissimi piani alla Leone (accompagnati dal richiamo del sangue in stile La Sposa, il tipico suono della chiamata all’uccisione), al bianco e nero (raffinato gesto di clemenza nei confronti dello  spettatore, che grazie a queste tonalità crede quasi di vedere schizzi di latte, al posto di assurdi getti sanguigni e arteriosi ad elevata pressione), alle rievocazioni dell’infanzia in stile cartoon (o meglio, anime).

 

Kill Bill 3

I cattivi di Kill Bill

 

La verità è che in pochi avrebbero potuto fare un film così. Ed è per questo che Kill Bill nasce dopo sei anni di silenzio da parte di Quentin. Una lunga riflessione, perché saper mettere insieme i pezzi di un puzzle così complicato, è arte per pochi, traballanti equilibristi. Di questo dittico si potrebbe parlare all’infinito, così come infinite sembrano essere le conoscenze cinematografiche di Tarantino. Perché, ricordiamolo, per essere il massimo esponente del contemporaneo cinema di citazione bisogna aver guardato di tutto, bisogna avere per il cinema un amore viscerale.

E in questo, Quentin Tarantino, è un vero maestro e, come tale, è degno di tutto il nostro rispetto.

 

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