Il primo assaggio del roBOt festival lo abbiamo avuto giovedì notte, quando ci siamo trovati nell’incredibile Palazzo Re Enzo nel pieno centro di Bologna.
Giovedì
Arrivati appena in tempo per il set del cileno Dj Flako, che coi suoi bassi ed i suoi beats che si incrociano in una sorta di latin vibe, ha fatto risuonare la maestosa location del Salone del Podestà. Per noi però il vero top della serata arriva subito dopo col maestro del funk Seven Davis Jr che propone dei brani tratti dal suo album “Universes”, risultando una fresca e piacevole variazione rispetto al resto della line-up techno oriented. Spostandosi al piano di sotto abbandoniamo la main room per dare un’occhiata ai Primitive Art: i ragazzi italiani suonano alla perfezione e la loro performance viscerale di noise, effetti ed esplosioni vocali lascia tutti impressionati. Gironzoliamo in attesa del fortemente atteso set del trevigiano Chevel, il quale mostra tutta la qualità, il talento e la precisione della sua techno glaciale.
Per concludere la serata siamo tornati su nel Salone per ascoltare il local hero Memoryman aka Uovo che smuove la gente con il suo scivoloso set in vinile, rigorosamente house. Sopraffatti dalla location e dalle good vibes della folla, ben consapevole del valore dell’offerta musicale, ci siamo subito proiettai verso la giornata seguente.
Venerdì
Anzitutto dobbiamo versare un tributo alla velocità con cui il roBOt è cresciuto nei suoi otto anni di età, a cominciare dal cambio di location in favore della enorme BolognaFiera posta ai margini della città. Appena arrivati siamo colpiti dalla somiglianza del robOt col suo cugino maggiore di Barcellona, il Sònar: l’immensità del setting, sorta di enorme warehouse con due palchi interni ed uno esterno.
Dopo il potente set sperimentale del membro dei Fuck Buttons Benjamin John Power aka Blanck Mass, che prevedeva anche dei visual eccezionali, ci siamo spostati fuori per Mr. Berlin Boiler Room, meglio notome come Opium Hum per poi tornarvi nuovamente per godere del mix eclettico di Jimmy Edgar e Machinedrum Jets che hanno decisamente ruotato i giusti knobs. L’atteso Alessandro Cortini, membro fisso del live di Nine Inch Nails, è perfetto per l’outdoor stage col suo sound industrial metal rock. Il nostro cuore però va al vero highlight del venerdì notte: Squarepusher, senza dubbio il fiore all’occhiello della line up che ha deliziato la nostra serata. La sua drum and bass venata di acid house era psicotica, terrificante e meravigliosa. Subito dopo ecco il b2b stellare ad opera di Jackmaster e Ben UFO, praticamente tutto ciò che puoi desiderare. Jackmaster ha dato chiara dimostrazione del perchè sia uno dei dj più richiesti sul pianeta, mentre Mr Ben UFO ha interpretato perfettamente il ruolo dell’altra metà della mela, ognuno suonando la propria parte in modo ineccepibile. Poco dopo ci siamo concessi un piccolo ballo con la signorinadappertutto Nika Kraviz che si è esibita davanti al pubblico più folto dell’intera serata, sebbene musicalmente non abbia esaltato.
Sabato
Il sabato portava in dote la line up più dura degli interi quattro giorni e tutto intorno a noi si fa un gran parlare di quanto quella notte sarebbe stata la serata del festival ed all nostro arrivo gli ingressi ricolmi non hanno fatto altro che aumentare la nostra eccitazione e curiosità. Siriusmodeselektor è stato semplicemente incredibile, come sempre. Eravamo però ancora in cerca di quello che potessimo considerare il set del weekend finchè il roBOt non ci ha benedetti con John Talabot e la sua house balearica che ci ha letteralmente portati lontano in viaggio con sè. Dopo di lui non avrete più bisogno nè di facili remix a là Jamie XX nè di djset piacioni. Talabot ci ha letteralmente conquistati, un vero veni, vidi, vici. Non si può dire altrimenti.
Un piccolo cambiamento sulla time table ha fatto si che Trentemoller si esibisse un po’ prima e che quindi non chiudesse le danze come previsto. Niente cattura la nostra attenzione fino al momento di Tiga, che in tutta la sua gloria ci impartisce una lezione di longevità, suonando ancora fresco dopo tanti anni sulla scena.
I Martinez Brothers non falliscono nella loro missione di far ballare chiunque con la loro house solare ma prima di tuffarsi nuovamente ai piedi del mainstage decidiamo di dare una chance all’italiano Lory D, assolutamente la vera sorpresa della serata. Il maestro di techno-acid ci ha spazzati via, sicuramente il miglior italiano del festival. Concludiamo il nostro roBOt in grande stile ballando in compagnia di Daphni (nome da dj di sua maestà Caribou) e Floating Points che ci regalano un’avvincente finale, passando da dei remix di Four Tet per poi chiudere con Stevie Wonder, ponendo la giusta fine ad una scaletta quanto mai musicalmente piacevole ed interessante.
Il roBOt ha fatto davvero tanta strada in poco tempo, soprattutto se si considera che ha solo otto anni e che nasce nel centro Italia. Se parli con le persone che lo organizzano non puoi non farti trascinare dalle emozioni di chi con tanta volontà lotta alla pari con i grandi raduni spagnoli, tedeschi, inglesi e e della scena europea in generale. C’è un grande coraggio nelle scelte di booking e sapientemente si valorizzano i talenti italiani. E’ purtroppo vero che una sì grande atmosfera può non avere ancora coinvolto una fan base pronta, poichè in Italia il format del festival elettronico sta ancora muovendo i suoi primi passi, ma di sicuro il roBOt si merita di diritto un posto al fianco dell’elite europea. Il tema centrale del festival era XLR8, accelerate – accelerare – ma non accelerate troppo in fretta! Il modo di concepire la line-up è lungimirante, le persone che vi trovi sono splendide e le location sono meravigliose; questi ingredienti combinati insieme fanno sì che roBOt sia oramai un appuntamento immancabile per tutti i fan della live electronic e della techno, e noi ci torneremo di sicuro.