Una descrizione delle condizioni in cui verte il Madagascar oggi: povertà estrema della cittadinanza, instabilità politica e potere delle multinazionali.

L’impatto con la terra malgascia è una di quelle esperienze che non si scordano tanto facilmente: bellezza e distruzione, morte e vitalità si alternano in un gioco di specchi da cui il forestiero (vasà) non può che essere catturato.

Risaie alla periferia di Tana - Madagascar

Risaie alla periferia di Tana

Giungiamo a notte fonda a Tanà, capitale del Madagascar con l’incarico dell’Università di Torino di portar a termine una ricerca sulla sicurezza alimentare nel paese. La notte è fresca, all’aeroporto  ci attendono i nostri ospiti. Saliti sul furgoncino ci avviamo lungo le stradine fangose alla volta della città, attraversiamo risaie e casette diroccate fino a giungere nella vallata da cui partono i dodici colli sacri ai Merina, antichi signori dell’altopiano centrale.

Madagascar

Altra vista dell’Università di Tana e quartieri circostanti dalla collina del quartiere di Ambutfuna

Madagascar

Vista dell’Università di Tana e quartieri circostanti dalla collina del quartiere di Ambutfuna

Abbarbicata su uno dei colli la nostra temporanea dimora, il convento delle suore Ospedaliere della Misericordia, ci aspetta.

Il paese intero è una contraddizione. La capitale è un misto di sobborghi urbani e distese di risaie. In centro i palazzi del potere non sono altro che fatiscenti ricordi dalla colonizzazione francese.

Lungo i colli piccoli tuguri in fango e legno convivono accanto a palazzoni in muratura e giardini di cinta, così come i prestanti rappresentanti dell’esercito (provenienti dall’Africa dell’Est) convivono accanto ai minuti malgasci venuti dal Borneo. L’andirivieni di piccoli bus cittadini (taxibe), scooter e vecchie Citroen fumose scandisce il traffico soffocante.

L’importanza dei militari è subito chiara dopo la prima passeggiata in città. I militari garantiscono gli equilibri di potere e le loro fila ben pasciute si riversano in tutte le vie della capitale.

Sin dagli anni ’70, dopo l’effettiva indipendenza del Madagascar dal dominio francese, venne creato un istituto che assicurasse una rendita all’esercito, l’Ufficio Militare Nazionale per le Industrie Strategiche. Aggirandoci per i ministeri in cerca di informazioni incontriamo funzionari di tutti i tipi che ci spalancano le porte degli uffici e che con onestà spesso disarmante ci mostrano la totale mancanza di informazioni che il governo centrale ha del proprio paese.

Tra le poche ricerche effettivamente svolte dal ministero dell’economia, per volontà del decaduto presidente Ravalomana (imprenditore arricchitosi grazie ai prestiti ad hoc della Banca mondiale), vi sono i reports sugli investimenti minerari da parte delle società private estere. Ravaloumana (2002-2006, 2006 – 2009) è stato protagonista dell’ultima fase di apertura liberale (nonché della quasi realizzata cessione di 1.3 milioni di ettari (metà del Belgio) alla multinazionale Koreana Daewoo) fortemente caldeggiata dalla comunità internazionale, che avrebbe dovuto portare grandi benefici alla misera popolazione malgascia.

Il programma di sviluppo, Madagascar Action Plan (MAP), più simile ad una locandina pubblicitaria che ad un documento tecnico, intendeva porre il settore privato come motore della riduzione della povertà. Le politiche annunciate, oltre che al consolidamento del proprio monopolio sull’industria, valsero all’attrazione di ingenti flussi di capitale. Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Giappone, Corea del Sud, e Francia si mobilitarono, attirati in particolare dalle prospettive costituite dal settore minerario, delle telecomunicazioni e dei servizi finanziari e commerciali.

Come da copione le politiche di liberalizzazione favorirono i profitti delle multinazionali occidentali. Nelle veci della Rio Tinto QIT Madagascar Mineral, Londra, si gettò nel settore degli “aiuti allo sviluppo”. Nel 2010 la produzione di Nichel e Cobalto aumentò fino al 79%. Allo stato malgascio spetta lo 0.6% dei profitti, cifra inferiore (secondo i calcoli del prof. Henri dell’università di Tana) al valore della vendita di emissioni di Co2 derivate dallo sfruttamento dei giacimenti. Gli ultimi anni della presidenza Ravalomana furono caratterizzati da una stretta geopolitica da parte dei pricipali stakeholders internazionali (USA, UK, Giappone, Francia, Korea, Canada, Cina) che si rivelò dannosa per lo stesso Presidente.

Madagascar

Venditori di carbone alla fermata dei bus di Avenue de L’Independance, crocevia principale del centro coloniale di Tana

Le non chiarite dinamiche del colpo di stato del 2009 fanno da sfondo ai frequenti meeting organizzati dall’ambasciata francese e statunitense che diedero la luce al governo di transizione dell’ex-presidente Rajoelina.

Nei mesi in cui svolgiamo la nostra ricerca in Madagascar la tensione è alle stelle, dopo quasi 5 anni di governo di transizione, la perdita dei flussi di “aiuti internazionali” e il drammatico calo del potere d’acquisto della popolazione malgascia, le elezioni appaiono un miraggio.

Nel Luglio – Agosto 2013 la situazione sembra irrisolvibile e molti analisti guardano incerti ai militari ed alle potenze straniere.

Ci decidiamo così ad incontrare un esponente dell’esercito.

Attraverso qualche conoscenza riusciamo a farci ricevere dal Colonnello R., a capo della Gendarmeria della Capitale.

Lo scontro tra gli uomini forti del paese e l’ingerenza della comunità internazionale era di giorno in giorno più evidente ed una presa di posizione dell’esercito pareva fosse nell’aria. Così, con una certa titubanza introduciamo il discorso nel tentativo di capire gli umori della gendarmeria. Il colonnello dapprima indispettito cerca di glissare sul punto, infine, dopo ripetute assicurazioni sul suo anonimato, si sbottona descrivendo quella che, secondo le sue parole, era il punto di vista delle alte cariche dell’esercito: “i militari oggi fanno la bella vita e non interverranno mai”. Il suo punto era chiaro, o un nuovo accordo tra le élites del paese si sarebbe dato oppure la nuova presidenza sarebbe stata scelta dalle potenze occidentali.

Le elezioni ebbero luogo nell’ottobre del 2013, ovviamente furono contestate ed ovviamente passarono diversi mesi prima che la situazione si stabilizzasse.

Oggi come allora è quasi impossibile avere notizie certe sulle condizioni del paese.  Fonti interne ci comunicano che ad oggi (Settembre 2014) vige il coprifuoco in tutte le città e sono ripresi i negoziati per la cessione delle concessioni minerarie, continuano gli scandali sullo sfruttamento da parte di membri del governo del preziosissimo bois de rose e la popolazione rimane ampiamente sotto la soglia di povertà. La democrazia è però tornata alla normalità e il capitale può ricominciare ad affluire copioso.

Effetti del disboscamento in Madagascar: confronto tra il 1980 e il 2010 ca.

Effetti del disboscamento in Madagascar: situazione al 2010

Effetti del disboscamento in Madagascar: confronto tra il 1980 e il 2010 ca.

Effetti del disboscamento in Madagascar: situazione al 1980