La storia di Charlie Sheen, in quella che è una vera e propria vita movimentata.

Nel 2011, lo scrittore Bret Easton Ellis pubblica su The Daily Beast un articolo folgorante su Charlie Sheen; che poi più che un articolo sembra un trattato di antropologia.

Per Ellis, Charlie Sheen, figlio privilegiato del tentacolare Impero dell’entertainment, ne è diventato in seguito il più acuto e acerrimo nemico.

Sheen è andato oltre l’Impero, provando a (di)spiegare a tutti noi cosa significa essere una celebrità, essendo semplicemente se stesso, un uomo pieno fino al collo delle sue dipendenze. E’ crudo, lucido, intenso, la persona più affascinante che si aggiri nella cultura (e dove un Colin Firth o un David Fincher, ad esempio, sono i baluardi chiari di un super-Impero).

La sua forza, poi, sta nel confondere l’Impero, insomma non si preoccupa di cosa gli altri pensino di lui, continua a fare ciò che vuole con un’onestà che diventa, in un certo qual modo, vincente e facendolo risultare, nel paradosso, come uno degli attori più trasparenti del contemporaneo.

 

“I just didn’t believe I was like everybody else. I thought I was unique.”

 

Questa è la storia di Charlie Sheen.

 

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Che Carlos Estevez fosse un dissidente della vita, avremmo potuto  accorgercene sin da subito: nato il 3 settembre del 1965 a New York, con il cordone stretto al collo.

Come gesto per ringraziare il medico che lo rianima, il padre, Martin, già consumato attore hollywoodiano, aggiunge Irwin come secondo nome.

Charlie è sin da subito affascinato dalle luci della ribalta tanto che a nove anni Martin gli affida una particina in un suo film, The Execution of Private Slovik.

Anche quando, durante le riprese di Apolcayspse Now, per il troppo stress, Martin ha un attacco cardiaco, Charlie, seppur scioccato dall’episodio, continua ad affermare che recitare sarebbe stata la sua unica strada.

 

Alla Santa Monica High School non è uno studente brillante, preferisce fantasticare coi suoi amici Sean Penn e Rob Lowe sul mondo della celluloide piuttosto che aumentarsi la media con le attività extra-scolari, e ai libri preferisce le macchine o il baseball del quale è un collezionista maniacale.

La grande occasione arriva nel 1986, quando Oliver Stone lo sceglie per Platoon, per un’acclamata performance del soldato in crisi durante la guerra in Vietnam.

Seguirà nel 1987, a fianco del padre e Micheal Douglas, Wall Street, ritratto sul mondo della speculazione di borsa negli ultimi anni ’80.

Il film è talmente un successo al botteghino che Oliver Stone pensa di affidargli il ruolo da protagonista nel prossimo, Nato il 4 luglio, ma quando la parte invece passa a Tom Cruise, Sheen è così infuriato che non rivolgerà mai più la parola al vecchio amico di casa Estevez.

 

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Charlie Sheen in Platoon

 

Intanto, mentre continua a mietere successo al box-office con film come Young Guns, Serie A e Hot Shots, Charlie viene spinto il 30 agosto 1990 verso il suo primo centro di riabilitazione per uso di sostanze stupefacenti.

Ad accompagnarlo in rehab è Martin, che brandisce in aria una Bibbia mentre urla contro quel figlio perso e così amato che non si può avere una buona carriera d’attore se non si è neanche un uomo rispettabile.

Il figlio si divincola, dice che non può considerarsi un drogato se non si buca, non vuole di certo seguire un percorso terapico. A nulla vale ricordargli la cocaina, le pillole di tranquillanti, dell’arresto per detenzione di marijuana, di quelle tre bottiglie di vodka al giorno.

Si definisce un passionale, non un rabbioso, anche quando la fidanzata di allora, Kelly Preston (futura miss.Travolta), lo denuncia in seguito a un tentativo di spararle fortunatamente andato a vuoto, lasciandole una ferita profonda come un graffio di gatto dopo aver schivato il proiettile oramai a terra.

 

I rapporti di Sheen con le donne si manterranno sempre disastrosi e gretti:

il 28 aprile 1995 annuncia di essersi fidanzato con la modella Donna Peele, di 25 anni, che ha conosciuto durante una pubblicità giapponese per  le sigarette Parliament Lights. Dichiara di sentirsi un ragazzo fortunato, “molto più fortunato di tanti altri” ma dopo sei mesi divorzia da Donna, accusando quella che aveva definito la sua anima gemella, come una casalinga asfittica e malefica.

Si dichiara innocente tanto il 27 ottobre 1994, quando una studentessa di nome R. Kateri Koss lo accusa di essere stata schiaffeggiata e buttata sul pavimento del New Planet Hollywood dopo essersi rifiutata di baciarlo, quanto la volta in cui Brittany Ashland, la sua ennesima fidanzata, lo accusa di averle causato sette punti di sutura al labbro superiore. Sempre innocente, anche quando, qualche anno dopo, una ballerina anonima lo accuserà di essere stata presa a pugni in faccia dalla sua guardia del corpo, Zippy, dietro i suoi sogghignanti ordini.

 

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Charlie Sheen con il padre Martin

 

Dopo due anni di proibizionale, 300 ore ai servizi civili e 2.800 dollari di multa, Sheen abbandona l’ateismo e il buddismo e dichiara di essere rinato come cristiano, perché non può che arrendersi all’evidenza della luce di Dio che lo richiama oltre le gozzoviglie e i party notturni.

Intanto però la sua sessodipendenza si esacerba e, dopo che il suo nome è ritrovato nel libretto nero dei clienti speciali di Heidi Fleiss, non mancano le dichiarazioni di prostitute che rivelano spese di almeno 2,000 dollari in droga e donne, durante i suoi festini privati al Four Season Hotel.

Il 29 maggio 1998, dopo aver volontariamente lasciato l’ennesimo centro riabilitativo senza il permesso della corte, alle 5;30 del mattino è trovato collassato a  terra da due poliziotti, con problemi a camminare, mezza dentiera persa, sbarbato e tremori da ripetuti attacchi isterici.

 

La carriera di Charlie Sheen, dopo un decennio di cliniche e referti psichiatrici, riprende con la serie tv Spin City; nel 2002 sposa l’attrice Denise Richards che, al sesto mese della sua seconda gravidanza, lo lascerà per ragioni inconciliabili, portando a testimonianza avanti alla corte quell’e-mail dove lui la addita come “un maiale triste e senza talento, diavolo e pessima madre”, lei invece lo accusa di ingozzarsi di hamburger, di essere un violento ed iracondo, un pornomane e un perverso tanto da costringere le sue amanti –spesso incontrate su Craiglist- a vestirsi con codino e bretelle.

Anche la terza moglie, Brooke Mueller, nel 2009 lo accuserà di averle puntato più volte un coltello alla gola, di minacciare di strapparle dalla pancia i due figli gemelli.

E mentre la sua vita sentimentale è in continua burrasca e di corte in corte viene condannato a lavori socialmente utili, a penali e ricuse, nel 2003 gli viene offerto il ruolo di Charlie Harper – alter-ego di un ricco egoista ubriacone – nella serie Due uomini e mezzo, che avrà talmente tanto successo da consentirgli di sfiorare nella busta paga i due milioni ad episodio.

A interrompere l’idillio, le dichiarazioni avvinazzate di Charlie sul produttore, Chuck Lorre, definito “uno sporco ebreo” e il suo attore co-protagonista, Cryer, “che più che un uomo sembra un troll”.

 

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Charlie Sheen interrompe l’idillio con Chuck Lorre definendolo uno sporco ebreo

 

Dichiara che non c’è nessun vezzo nel condurre la vita come un rocker, piuttosto la sua è curiosità di voler abbracciare ogni aspetto della vita, dall’esaltazione di una nuova prova attoriale, alla violenza più turpe sul volto sfregiato di una donna; continua a spendere duemila dollari al giorno di droghe e trentamila al mese per prostitute e nei suoi deliri da tossico viene registrato al telefono di un hotel mentre tenta di contattare un sicario per seppellire la sua fidanzata, “con poco più di 20.000 dollari”.

 

Il 2 aprile 2011, per cercare di evitare la bancarotta a causa del suo scialacquare scellerato, a Detroit apre il suo primo spettacolo di stand-up, My Violent Torpedo of Truth-Defeat is Not an Option, dove spara più preciso di un cecchino al petto dell’America puritana, contro le ipocrisie di Hollywood, la sessuofobia e il politically correct.

L’audience applaude, ride con lui e anche di lui tanto da portare Sheen a cancellare prima del tempo il tour itinerante.

 

Nel novembre del 2015, Sheen annuncia in diretta televisiva di essere positivo all’HIV.

Dice di essersi sottoposto all’assunzione di un farmaco innovativo di nome PRO 140 che ha lo scopo di contenere gli effetti del virus rispetto alla terapia tradizionale ma che come effetti collaterali gli provoca crampi allo stomaco, stati di dissociazione e una lieve forma di temporanea demenza.

Sheen, controverso e paradossale, gioca con la sua malattia, indossa delle t-shirt dove augura a tutti di essere ‘positivi nella vita’; intanto, scoppiano querele e denunce da parte di quelle migliaia di donne con le quali Sheen aveva fatto sesso non protetto senza rivelare loro di aver già contratto il virus da quattro anni. 

In seguito alla diagnosi della malattia, medita il suicidio, continua a mischiare ai medicinali pot ed eroina, il suo ‘sangue di tigre’ ribolle e pulsa nei twitter da ubriaco; si sprecano invettive contro attori e produttori, contro l’America di Trump e dei reality.

“Tenetevi i vostri McDonald’s, i vostri vaccini, i vostri US Weekly, TMZ, a ognuno, le sue trappole!”, tuona.

 

E, con Charlie Sheen, l’Impero si scrolla.