Quel mesto sogghignare.

L’avevamo cercata tanto a lungo e tanto inutilmente che alla fine ci hanno pensato loro stessi a fornircela. Quando nel corso dell’ultimo film dei fratelli Coen – Ave, Cesare! – il regista interpretato da Ralph Fiennes chiede all’attore senza talento che ha il volto di Alden Ehrenreich di recitare un mesto sogghignare, improvvisamente abbiamo la parola che tanto bramavamo. Proprio così. Niente risate ironiche, caustiche, o al vetriolo. No. Quello che generano i Coen negli spettatori dei loro film è semplicemente un mesto sogghignare. Sogghignamo mestamente davanti alle peripezie dei loro antieroi – o eroi loro malgrado -, incapaci di far fronte alle intemperie che la vita porta con sé come a quelle prodotte dalla propria idiozia (imprudenza, negligenza o imperizia che sia). Diciassette film in trentadue anni – e decidete voi se son pochi o troppi – e davvero pochissimi passi falsi; rivisitati praticamente tutti i generi, ciascuno di essi rivisto, reimpostato, adattato alle loro esigenze. Tentare di stilarne una classifica è esercizio difficile e pericoloso – alto il rischio di trascurare qualche opera – eppure ci abbiamo provato, e quello che segue ne è il risultato.

 

5) Il grande Lebowski (1998)

Il vero e proprio cult dei Coen. Il film che è rimasto nell’immaginario collettivo degli appassionati della Settima Arte. Impossibile non inserirlo nel best of coeniano. L’immortale Drugo di Jeff Bridges è uno dei personaggi cinematografici più bizzarri, affascinanti e indimenticabili della storia del cinema. Non sono da meno i suoi inseparabili amici – compagni di bowling – che hanno i volti di John Goodman e Steve Buscemi (veri feticci dei fratelli del Minnesota). Una galleria di personaggi e situazioni sempre più improbabili, un caleidoscopio di immagini stupefacenti che raggiungono l’apice nei sogni surreali(sti) del Drugo. Il grande Lebowski è un film che fa bene all’animo tanto appare sincero autentico spensierato. I Coen abbracciano un piacere del racconto che in questo caso si serve del verbo di Sam Elliot, cui è affidata anche la chiosa (o morale) finale: “il Drugo sa aspettare”.  

 

fratelli coen

 

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