Atticus Finch e la nostra siepe.

Ne Il buio oltre la siepe c’è un passaggio in cui Atticus Finch, avvocato, vedovo, padre di due figli, impegnato nella difesa di un afroamericano accusato di violenza sessuale su una ragazza, parla con il fratello Jack. Le maldicenze sul suo conto stanno prendendo di mira anche i suoi figli: vengono guardati con curiosità e diffidenza, accusati di non poter ricevere un’educazione come si deve, perché loro padre, Atticus, è un “negrofilo” (come viene definito da un cugino). Atticus parla a suo fratello Jack di un timore, ovvero che un giorno anche i loro figli possano contrarre la malattia di Maycomb (la città dell’Alabama in cui è ambientato il romanzo di Harper Lee). Ammalarsi come quei benpensanti “che diventano pazzi furiosi quando succede qualcosa in cui è implicato un nero”.
Scout, la figlia più piccola di Atticus, sta origliando la conversazione fuori dalla porta. Atticus lo sa. Aggiunge che la sua speranza è che quando i figli vorranno sapere qualcosa vadano da lui, da loro padre, anziché ascoltare quello che dice la gente in città.
Sapere qualcosa. Il testo di Harper Lee fa intendere al lettore che con quel qualcosa ci si riferisca alla vicenda in sé: la difesa di un uomo afroamericano nel periodo della segregazione negli Stati Uniti durante la grande depressione.
Leggendo questo passaggio ho esageratamente marcato la pagina 96 con un orecchio al foglio. Ho pensato, leggendola e rileggendola, che quel sapere qualcosa cui Atticus Finch, avvocato, fa riferimento, non si tratti solo della vicenda che lo riguarda, ma una qualunque altra cosa.
Ciò si riallaccia, almeno per me, ad uno dei migliori momenti della serie tv Newsroom, scritta da Aaron Sorkin: Will McAvoy è l’anchorman del quarto telegiornale più visto negli USA ad inizio anni 10 del duemila, i nostri. Ha deciso di riscattarsi da tutti quei momenti in cui si è reso conto di non aver contribuito alla consapevolezza, alla conoscenza degli ascoltatori, occupandosi di questioni che non avrebbero migliorato la decisione di un elettore all’interno di una cabina elettorale. McAvoy dice che gli americani hanno bisogno di un dannato avvocato, un uomo di legge, in grado di saper dare le giuste informazioni, le corrette interpretazioni, al fine di capire un qualcosa. Lo stesso qualcosa cui fa riferimento Atticus Finch nel libro.
La forza de Il buio oltre la siepe sta nel precedere, ma al contempo ricordare, qual è il vero motore dell’intolleranza, della discriminazione: l’ignoranza. Nel libro la figura dell’avvocato è vittima anch’essa di una discriminazione: Atticus sta comunque difendendo un nero accusato di un atto gravissimo. Eppure, è la conoscenza della carta, dei fatti, delle leggi che permette all’americano di quegli anni, all’europeo nella crisi dei migranti, al cattolico nel dibattito sulla Cirinnà, di poter dare fiato alla bocca con dignitosa consapevolezza.
Non è un romanzo che parla solo di coraggio e di discriminazione: c’è anche e soprattutto l’amore per l’educazione. La speranza che i propri figli non subiscano la sorte toccata alla maggior parte della città. La malattia del pregiudizio.
Il padre-avvocato che mai si vanta di imprese e comportamenti poco propedeutici per i figli, come quando di fronte ad un cane malato di rabbia esibisce la sua abilità con il fucile, li espone a situazioni stressanti, a ingiurie, provocazioni, lasciando che siano in grado di dominare l’ira e sminuire il proprio sentimento di vendetta.
Il buio oltre la siepe ci racconta che avvocato, maestro, giornalista e padre sono mestieri che hanno in comune l’amore per la verità. Da qui si comprende meglio come il libro di Harper Lee abbia vinto il Premio Pulitzer: un riconoscimento ideato da giornalisti, che premia ogni anno giornalisti, e che i giornalisti di solito sognano di ricevere.
Nelle Harper Lee ha lasciato questo mondo il 19 febbraio portando dietro di sé la scia del caso editoriale legato al suo secondo romanzo, Va’, metti una sentinella. Il sequel de Il buio oltre la siepe. La stesura di questo sembra sia stata precedente al suo primo romanzo pubblicato e si dice che all’interno del libro Atticus Finch esprima dei tratti razzisti. Tuttavia, niente e nessuno potrà portar via dalle menti di milioni di persone che hanno letto Il buio oltre la siepe, la grandezza del personaggio di Atticus, sintesi umana, profondamente umana, di come l’intolleranza e il razzismo siano scorciatoie percorse da chi ha fatto della verità un accessorio da esibire.
Sapeva che dietro quella porta sua figlia lo stava ascoltando. “Spero che [i miei figli] abbiano abbastanza fiducia in me”. Poi le fa drizzare i capelli.
“Jean Luis?” (Scout è il nomignolo)
“Si?”
“Va a letto”. Buonanotte Scout. Buonanotte Harper. Atticus, resta ancora qui con noi.